Regia di Noam Murro vedi scheda film
Costruito attorno al primo 300, L’alba di un impero ne riprende vizi, pregi e arte figurativa, ma se nel caso del film di Zack Snyder si trattava di una proposizione cinematografica che sembrava piovuta dal cielo, definiamola pure un’inattesa diramazione del classico peplum, questa riedizione non può mantenere intatto lo stesso (potenziale) fascino.
Tolta quindi di mezzo l’originalità, l’attenzione si addensa sul resto e diventa più facile evidenziare ciò che non funziona.
480 a.c., Temistocle (Sullivan Stapleton) fronteggia la massiccia invasione delle forze persiane di Serse (Rodrigo Santoro), guidate via mare dalla condottiera Artemisia (Eva Green).
Con mezzi e truppe inferiori di numero, Temistocle impiega tutte le sue abilità tattiche, contro gli invasori, e diplomatiche, per cercare di unire una popolazione divisa, per proteggere la Grecia da un’invasione che avrebbe potuto cambiare radicalmente la storia della civiltà occidentale.
Dalla terraferma al mare, da Sparta si passa principalmente ad Atene, culla della democrazia che comunque significa tutto e nulla dato che quanto mostrato riporta una confusione decisionale che dovrebbe suggerirci realtà attuali.
Cambiamenti che comunque non intaccano il quadro generale, troppa aria alla bocca e grande utilizzo della voce over, con una quantità sesquipedale di ralenti, il più delle volte inutili, ad appesantire il processo.
Ciò che si vede in abbondanza sono carne in bella mostra, ondate di sangue ed efferatezze scandite attraverso un abuso di CGI.
In una visione estetica assai pronunciata, svettano i corpi, non tanto le prove in sé, degli interpreti; Sullivan Stapleton non demorde, ma sembra un Michael Fassbender di scorta, mentre Eva Green, spiccatamente sensuale e spietata, rimane un corpo a se stante che non si può immaginare, almeno non facilmente, sostituito da un altro.
Da sottolineare invece il comparto extra presente sul blu-ray; oltre la lavorazione del film, è possibile recuperare la narrazione dei veri fatti storici, con le verosimili ricostruzioni dei pezzi mancanti, e i tre giorni di battaglia navale, che non sarebbe male rivedere in un film d’altro tenore.
Così, 300: L’alba di un impero è più vicino a un videogame che a un fumetto, l’epica è spesso raffazzonata, assumendo significati secondari, ma poi lo show, perché di questo si tratta, ha una sua valenza prettamente visuale, detestabile o esaltante che sia, e poi Eva Green fa l’effetto di un fulmine a ciel sereno.
Debole, ma con le idee chiare su dove andare a parare.
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