Regia di Todd Phillips vedi scheda film
Dopo un secondo episodio che ricalcava il primo cambiando solo l’ambientazione, per chiudere la trilogia Todd Phillips rimescola (parzialmente) le carte; questo con successi alterni visto che in fondo si ride un po’ di meno, ma allo stesso tempo qualche personaggio fuori dal trio acquisisce più spazio (e dignità, per così dire viste le personalità) e non manca neppure qualche sorpresa che non ti aspetteresti.
Mentre portano l’amico Alan (Zach Galifianakis) in un istituto psicoterapeutico, Phil (Bradley Cooper), Stu (Ed Helms) e Doug (Justin Bartha) s’imbattono nel malavitoso Marshall (John Goodman) che rivuole i soldi sottrattigli a suo tempo da Leslie (Ken Jeong).
Hanno poche ore per ritrovarlo e recuperare i soldi del boss prima di essere eliminati ed il problema principale non sarà quello di trovarlo, bensì non farsi fregare.
Finalmente si cambia qualcosa, ripercorre ancora le medesime coordinate era impensabile, per quanto alcune cose rimangano, in un certo senso giustamente, immutate (ad esempio è ancora una volta Doug a scomparire precocemente dalla scena).
Gran spazio stavolta è affidato a quel folle di Ken Jeong (in versione originale è tutto un verso, davvero folle) che diventa il vero motore comico a fianco del suo amico, in scena, Zach Galifiniakis, mentre John Goodman non viene di certo spremuto, ma almeno il suo gettone è più sfruttato rispetto ad altre precedenti “ospitate” (vedasi Paul Giamatti che nel capitolo secondo era praticamente sullo sfondo); poi c’è Melissa McCarthy che ha poche scene, ma senza dubbio disegna la compagna perfetta per Alan.
Si ride comunque complessivamente un po’ di meno, ma la volontà di provare a fare qualcosa di diverso porta comunque qualche risultato (ad esempio la rapina con inganno da parte di Leslie).
Un po’ di inutile cattivo gusto non manca (ovvero quello che non porta risultati comici di rilievo), il meglio sul lato comico si ha durante i titoli di coda (a vedere Stu così conciato mi sono piegato in due dalle risate) che in fondo è un richiamo alla memoria più che l’apertura ad un seguito (almeno nelle intenzioni di tutti, ma il tempo può riportare sui propri passi visto il successo difficile da ripetere altrove).
Alla fine l’ho trovato ancora una volta divertente, anche grazie/e per colpa a qualche aggiustamento che non sempre porta grandi frutti, ma in fondo a questa banda di svalvolati un po’ di bene gli ho voluto.
Fine (per davvero?).
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