Regia di Todd Phillips vedi scheda film
Due matrimoni e un funerale: dopo gli addii al celibato dei capitoli 1 e 2, la saga del branco in perenne amnesia si apre con una cerimonia funebre, quella del padre di Alan (Zach Galifianakis). Niente scorribande alcoliche, dunque: il ragazzone dal cervello di dodicenne necessita, secondo i membri ancora vivi della sua famiglia, di una bella psicoterapia per riallinearsi alla vita adulta. La premessa è bizzarra anche perché non c’è alcuna notte da leoni, né tanto meno l’hangover del titolo originale: anziché ricostruire a ritroso gli eventi di una serata di bagordi, i nostri ripercorrono all’indietro l’intera saga. Gli eventi di Las Vegas, infatti, hanno causato guai non solo a loro, ma anche a un John Goodman in versione boss incazzato: Alan, Phil e Stu, per salvare la vita di Doug, devono rintracciare la scheggia impazzita che risponde al nome di Mr. Chow (il solito, pazzoide Ken Jeong, penalizzatissimo dal doppiaggio nostrano). Ineditamente sobri, i tre ex leoni ribaltano i ruoli (adesso sono loro a brandire la siringa con la droga per mettere fuori uso la vittima) e tornano sui luoghi del delitto: Las Vegas e il Ceasars Palace dove tutto iniziò (con tanto di visitina alla ex prostituta Heather Graham). Se Una notte da leoni 2 ricalcava fin troppo pedissequamente le orme del primo film, questa chiusura di trilogia se ne allontana fino a diventare una banale action comedy in cui solo qualche flashback strizza l’occhio ai cultori della saga. Si ride meno del solito, tant’è che il meglio viene dopo i titoli di coda.
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