Regia di Chris Buck, Jennifer Lee (II) vedi scheda film
E’ ancora tempo di principesse in casa Disney, che con “Frozen” conosce un successo di dimensioni abnormi, frutto di un prodotto calcolato, con un intreccio ben lontano dallo stupire, ma in fondo nella loro semplicità/fruibilità tutte le cose figurano tremendamente al posto giusto, soprattutto ciò che va a costituire il contorno ha una marcia in più.
Elsa è una principessa che fin da giovanissima viene costretta alla reclusione a causa di un potere che non riesce a controllare che mette in pericolo chiunque le stia vicino.
Quando raggiunge la maggiore età, viene proclamata regina; durante l’evento pubblico viene messa sotto pressione, perde il controllo portando il suo regno in un perenne inverno freddissimo e decide di fuggire per sempre da tutto e tutti.
Tocca a sua sorella minore Anna, che crede nella sua buona fede, andare alla sua ricerca, per risolvere la situazione, accompagnata da Kristoff, ragazzo ben distante da un uomo di corte.
C’è un po’ tutto quanto ci si aspetta da una favola in “Frozen”, una principessa caparbia, una terribile maledizione (di cui non si conosce l’origine), un pizzico di cospirazione, chi finge per raggiungere il potere, il sempliciotto un po’ buzzurro ma tremendamente umano e buono e personaggi di contorno architettati ad hoc per conquistare le simpatie del pubblico.
Se la trama presenta una linearità programmatica, che comunque si confà perfettamente al tipo di soggetto seppur senza particolari meriti, e le emozioni si susseguono nascendo per morire rapidamente all’insegna di uno spettacolo molto dinamico, sono i personaggi ad essere facilmente identificabili ed assimilabili, per quanto riguarda gli umani, e tremendamente simpatici e perspicaci per quel che concerne quelli di assoluta fantasia.
E così la renna Svenn, simile ad un cane per gestualità e comportamenti, e il pupazzo di neve Olaf, con il suo candido sogno di poter vivere al caldo, sono due personaggi che si ascrivono immediatamente tra i migliori ideati, almeno all’interno di quella gamma che ricerca spontaneità creando un immediato legame con i più piccoli soddisfando comunque l’esigenza più basilare di strappare parecchie risate.
Per il resto l’evoluzione, tra una peripezia e l’altra, ha una direttiva precisa e scontata e sul finale non ci si dilunga nemmeno troppo in smancerie varie (non so nemmeno se questo possa essere considerato un bene o un male), preferendo sempre la schiettezza alla pomposità di cerimonie e/o annunciazioni comunque nell’aria.
Francamente, fatico a capire le motivazioni dietro ad un tale successo (proprio perché enorme), ad esempio nel genere gli preferisco “Rapunzel” (2010), anche se lì il profilo era più smaliziato, ma in fondo il richiamo alle classiche storie senza tempo ha fatto decisamente centro ed in tale ambito il risultato rimane comunque soddisfacente per trascorrere novanta minuti tondi tondi divertenti e spensierati ben consci di quanto si vedrà.
Esuberante ed immediato.
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