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La fine del mondo

Regia di Edgar Wright vedi scheda film

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La recensione su La fine del mondo

di giurista81
7 stelle

Dopo l'horror e il poliziesco grottesco, Wright passa alla sci-fi grottesca prendendo spunto iniziale dai classici Il Villaggio dei Dannati L'Invasione degli Ultracorpi per plasmare un soggetto alla Stephen King. Abbiamo infatti un gruppo di cinquantenni che si ritrova, in ricordo dei tempi dell'adolescenza, per compiere una maratona notturna fatta di bevute in dodici distinti pub del paese di origine (il c.d. miglio dorato). Scopriranno però che i vecchi abitanti di un tempo sono stati clonati e sostituiti da una razza aliena che ha il compito di preparare gli uomini alla vita interspaziale. Sceneggiatura briosa, esaltata dall'interpretazione gigionesca di Simon Pegg che terrebbe banco anche se si stesse parlando di un film sulla spesa al supermercato. Piuttosto ripetitiva la prima parte (si passa di pub in pub, tra bevute e battute), il film migliora alla distanza (scontro umani vs umanoidi) con un epilogo che piega verso il post-atomico con riferimenti a Matrix (controllo umano), ma soprattutto a Fuga da Los Angeles (viene spento il mondo con regresso al medioevo) ed Essi Vivono (tema del governo ombra). Ottimi effetti speciali, buone le interpretazioni. Non mancano autocitazioni ai vari La Notte dei Morti Dementi e ad Hot Fuzz, persino a La Cosa con i protagonisti che cominciano a chiedersi se coloro che hanno davanti siano o meno dei cloni alieni (qui a dare la risposta sono i danni pregressi presenti sulla pelle, a esempio cicatrici o bruciature, che gli alieni non riescono a riprodurre).

Lo script ha un taglio nostalgico, a tratti disilluso, uno sguardo aperto sui tempi dell'adolescenza visti come il miglior periodo della vita di un uomo e poi, a poco a poco, cancellato dalla noia della vita adulta. Solo il protagonista interpretato da Pegg cerca di ribellarsi a questa evoluzione/involuzione, facendolo in modo anarchico, tendente all'autodistruzione, ma a suo modo vivo e vivace. Dall'altra parte gli alieni vengono quasi ad assumere le sembianze degli educatori morali ed etici (non a caso sono rappresentati dal vecchio professore dei cinque uomini un tempo ragazzi) ovvero i rappresentanti di quei principi, votati alla presa di coscienza delle proprie responsabilità, che, secondo gli usi e le consuetudini delle società civilizzate, dovrebbero stare alla base degli uomini "maturi". Sono loro i fautori dei progressi tecnologici dell'umanità, ma anche i responsabili per un raffreddamento delle relazioni interpersonali e per un'apatia di fondo che sembra governare ogni aspetto della vita comune. Dunque alieni come detentori di presunte verità a cui si devono, volenti o dolenti, conformare tutti gli altri, pena eliminazione. Inevitabile la guerra con il King, questo il nome del protagonista (omaggio a Stephen?), una sorta di Peter Pan che non è cresciuto, non vuole crescere e pretende che così facciano anche i vari componenti del suo quartetto di amici. Alla fine la spunterà proprio lui, con effetti di carattere mondiale... Nel complesso carino, ma meno interessante dei due precedenti capitoli firmati Wright (e che compongono, con questo, la c.d. trilogia del cornetto), causa un soggetto falsamente originale. Divertente.

 

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