Regia di Edgar Wright vedi scheda film
Inizierò l’opinione facendo subito “outing”, cioè ammettendo la mia parzialità di giudizio nei confronti del trio di autori/attori/sceneggiatori all’opera in questo film (Edgar Wrigt, Simon Pegg e Nick Frost): li trovo di un’arguzia e di una simpatia disarmanti, geniali e “cazzoni” al punto giusto da rinverdire i fasti, da fratellini minori, dell’immortale trio Landis/Belushi/Akroid degli esordi (con Ramis come convitato di pietra) che con film quali “Animal House”, “The Blues Brothers” e “Una poltrona per due” hanno segnato più di una generazione di spettatori. Con questo film si chiude invece un altro ciclo, ben impiantato negli anni 2000, iniziato con i travolgenti “Shaun of the dead” (2004) e Hot Fuzz (2007), capostipiti moderni di un cinema nostalgico e piacevolmente citazionista, bifronte nel suo essere influenzato dal cinema di entrambe le sponde dell’atlantico. Che diverte, quindi, per la sua natura leggera venata da un misto di ironia british, anarchismo beffardo (anch’esso molto british) e una stuzzicante omogeneità dell’insieme figlia della migliore commedia americana degli anni che furono.
Dunque, dopo oltre un ventennio un problematico adolescente di 40 anni, agghindato in un misto tra Snake Plissken e Neo, decide di ricontattare i sui vecchi amici di bevute, ormai imborghesiti, per completare un “pub crawl” (praticamente “giro dei bar”, lemma profeticamente formato dalle parole “pub”, cioè public house, e “crawl”, cioè strisciare…) denominato “Golden Mile” (il miglio d’oro), interrotto da adolescenti nel loro vecchio sonnacchioso paesotto della provincia inglese, Newton Haven.
“Oh cazzo, Newton Haven! Prendetevi un attimo per guardarla nei suoi colori originali, perché stasera la faremo nera !”
Dodici pinte di birra per dodici pub: The First Post, The Old Familiar, The Famous Cock, The Cross Hands, The Good Companions, The Trusty Servant, The Two Headed-Dog, The Mermaid, The Beehive, The King’s Head, The Hole in the Wall e, ovviamente, The World’s End. Tutti i nomi sono inventati ma richiamanti la “tenzone” che i nostri cinque protagonisti dovranno sostenervi (non portano fors’essi nobili cognomi ? King, Knightley, Page, Prince e Chamberlain). Cani a due teste (le diaboliche gemelle, in una delle sequenze più divertenti), le sirene tentatrici, il traditore, il falso amico e tutte le differenti situazioni affrontate dai nostri con un pervicace pragmatismo alcolico, direttamente proporzionale alla loro assurdità. Fino alla “Fine del Mondo”, dove una supposta entità “superiore” verrà ricondotta a sentimenti più terricoli…
Con sincerità finale devo comunque ammettere che si nota, qui e là, una lieve flessione nella qualità totale dei dialoghi, oltre ad alcuni interpreti, quali Martin “Bilbo” Freeman, che risultano (forse volutamente) superflui. Ma, come già detto nell’introduzione, per me è impossibile essere troppo duro con siffatti ragazzi.
In loro compagnia, in definitiva, mi berrei più di una birra…
Roboante
Buona.
Umano.
Travolgente.
Conflittuale.
Anonimo.
Frustrato.
Indomita.
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