Regia di Orson Welles vedi scheda film
Questo film è uno dei motivi per cui il cinema esiste, e non viceversa. Welles è giovanissimo (25 anni), ma già ben introdotto nel mondo del cinema e soprattutto ha addosso una fama di precoce talento folle, genio e sregolatezza, che non riuscirà (anche suo malgrado) a togliersi mai più nella vita. Con la conseguenza, fra le tante, che praticamente ogni sua opera verrà mutilata o rimandata o semplicemente impedita. E questo anche per colpa (per merito, altrochè!) di Quarto potere: troppo avanti per i suoi tempi (attualissimo ora, settant'anni dopo, come contenuti e come forma) e troppo simile ad una violenta ed impietosa biografia 'contro' il magnate William Hearts, che non a caso osteggiò in ogni modo l'opera. Semplicemente un capolavoro, da qualsiasi punto di vista lo si voglia guardare, con un Welles curioso, inventivo, quasi oltraggioso in regia (sfonda molti dei canoni tecnici cinematografici fino ad allora intoccabili, vedi le continue inquadrature dal basso di Kane nel periodo di massimo splendore e potere) e, come attore, a dir poco straordinario nel cimentarsi in un ruolo che richiede un invecchiamento di circa sessant'anni dall'inizio alla fine del film. Montaggio mostruoso, luci magistrali... Che dire? Un'antologia del cinema in cento minuti, dalla prima all'ultima inquadratura. Che peraltro sono identiche. In tutto questo, la parabola di un uomo potente quanto infelice (e lo squallore del sogno americano, e la meschinità del potere, e l'importanza dei mass media...), in cui facilmente si può innestare un parallelo esistenziale con il destino dell'essere umano.
La travagliata vita di Charles Foster Kane, fosca figura dell'imprenditoria americana di fine Ottocento e inizio Novecento. Nato povero, ma destinatario di un'importante eredità, si dedica al giornalismo senza alcuno scrupolo o pudore, tenta l'entrata in politica (ma ne rimane travolto), fallisce due matrimoni e infine si spegne, solo ed abbandonato, nella sua enorme e sfarzosa villa.
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