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Anni felici

Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film

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La recensione su Anni felici

di alan smithee
8 stelle

"Erano anni felici, peccato che non ce ne eravamo accorti".
Purtroppo sempre troppo spesso nella vita ci si rende conto di come si è vissuto bene, in serenità, provando sentimenti genuini ed apprezzando le gioie e le sorprese della vita, solo quando è troppo tardi: quando magari si sta trascorrendo un periodo più buio, più triste, più problemtico. Solo in quel momento ci vengono in mente gli aspetti più gioiosi e nostalgici del passato, legati generalmente alla giovinezza e dunque ad un generale ottimismo alimentato dalla curiosotà e dalla voglia di vivere. E quando, per protesta, il decenne Dario si sporge sulla banchina del porto e, urlando a tutta voce "siete degli stronzi!" ai propri genitori in vena di confessioni reciproche (anzi, in realtà solo in una direzione), si getta in mare, in realtà altro non vuole che far cessare questa tortura dei sentimenti, che logora due genitori che fisicamente sono così infinitamente attratti uno dall'altro, ma anche così diversi caratterialmente; forse anche perché provenienti da famiglie che più eterogenee e difficilmente amalgamabili non si potrebbe, destinati  per questo a logorarsi i nervi per un amore, un sentimento che provano reciprocamente, ma che non è sufficiente  tuttavia a renderli davvero felici. E le insicurezze dell'artista d'avanguardia che non riesce ad emergere, come capita a Guido, donnaiolo impenitente che trova nella bellezza femminile di modelle mozzafiato, lo svago per illudersi di raggiungere un'ispirazione che non lo ha mai davvero sfiorato (fino a quel momento), si scontrano a suon di scintille con la schietta praticità da figlia di commercianti scaltri di Serena, bella donna dal sorriso triste e sconsolato che si sforza con tutta se stessa di comprendere un concetto di arte che in realtà non concepisce, ma che invece tollera per devozione ad un marito che ama, nonostante le altre, nonostante tutto il resto. L'infelicità di due coniugi affiatati ma troppo diversi si stempera con la presenza di due figli che costituiscono il cuscinetto ammortizzatore di due poli opposti che si attraggono fisicamente, ma si respingono caratterialmente. Luchetti centra molto bene il bersaglio dell'analisi d'epoca (la sua epoca, quella di ragazzo decenne appunto, figlio maggiore della coppia scoppiata), del desiderio di emergere con l'arte, della volontà di pensare da anticonformisti, per poi rinnegare tutto e subito quando la moglie confessa la sua unica sbandata (seria però, e verso un'altra donna), mentre il marito si sbatte tutte le modelle che rimangono impigliate alla sua rete di incantatore. Per questo i bambini, tra tutti quanti, anche rispetto a nonne ciniche, altezzose e irrimediabilmente critiche, o al contrario calcolatrici ed affariste, sono gli unici esseri saggi di quel presepe di anime in pena, gli unici che possono permettersi di pensare e di dire agli altri che è finalmente ora di smetterla di fare gli stronzi. 
 Anni felici è un film riuscito non solo per l'arguzia e l'acutezza di un Luchetti molto autobiografico, coadiuvato nella stesura di una sceneggiatura fluida da una preziosa collaborazione con nomi solidi  e rassicuranti come Rulli, Petraglia e Venturini, ma per la felice resa di una coppia perfetta (non solo esteticamente) rappresentata dagli strepitosi Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti, perfetti rispettivamente nei ruoli del padre artistoide e approfittatore, impulsivo ma anche insicuro e senza quattrini, e di una madre triste, conscia della propria povertà culturale, della propria inadeguatezza verso un mondo che richiede una preparazione per la quale è ormai troppo tardi per riuscire ad adeguarsi, ma proprio per questo disposta a mettersi da parte in nome di un'ispirazione che può sopraggiungere da un momento all'altro, o al contrario tardare sempre ad arrivare, come capita al suo nevrotico marito.

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