Regia di Alexander Payne vedi scheda film
Un'elegia sulla terza età e sulle disillusioni. Un dissacrante ritratto della provincia americana. Un'umanissima e schietta presa d'atto dell'incomunicabilità tra genitori e figli. Ma insieme anche slancio generoso, incondizionata fiducia, accettazione e voglia di comprensione. Un film raro, come non se ne vedevano, per atmosfere, spunti e significati, dai tempi di Una Storia Vera di Lynch. Ma dove lì regnava la solitudine, qui il discorso si fa corale, famigliare e paesano. La vita e i suoi snodi, le sfaccettature di ciò che siamo e ciò che eravamo, le abissali differenze tra l'ora e l'allora, con tutto il carico di scelte, condizionamenti, limiti, sogni, vincoli, difetti, costrizioni, restrizioni, paure, ricatti, riscatti e desideri, zavorrati dalle piccolezze della realtà quotidiana. La vecchiaia abbraccia tutti, e chi ci arriva non è meno sbroccato, sboccato, debole o meschino di quanto non fosse forse in gioventù. Il pacato, rassegnato eppur vitale, amore filiale spinge David ad assecondare il vecchio Woody, (ex?) alcolizzato, scontroso, cocciuto, uomo di poche parole sul rettilineo del traguardo. In un roadmovie marcato da un bianco e nero che rimanda a epoche passate e a rigore stilistico d'antan, Payne riesce a commuovere, far sorridere con humour irriverente e a spingerci ad essere più indulgenti gli uni con gli altri, grazie anche ad una squadra di attori in stato di grazia.
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