Regia di Roger Michell vedi scheda film
Entra subito nel tema, senza girarci intorno. Dalla prima inquadratura. Appena vediamo Nick e Meg, coppia inglese sui sessanta, sul treno che li porterà a Parigi per festeggiare il loro trentesimo anniversario di matrimonio, capiamo subito dove Roger Michell (col fido sodale alla sceneggiatura - per la quarta volta - Hanif Kureishi) voglia andare a parare con questa splendida (de)costruzione di una relazione amorosa. Lo script è un vero e proprio teorema sulla condizione umana. Il regista e lo scrittore la raccontano concentrandosi su una coppia che ha un’età - un tempo si sarebbe detto la terza - anche se il centro dell’opera è sempre e solo lo stare insieme di due persone (come nella trilogia di Linklater). Perché, anche qui, tutto parte dalla debolezza di uno dei due: «Non mi sento a mio agio da solo», ripete Nick. Il film, malinconicamente cinico, dissemina nei dialoghi, nelle telefonate con i figli, nei tic dell’uomo (il suo pauroso rapporto col denaro che lei invece utilizza come atto di ribellione), le tracce di due esistenze che alla fine crediamo di conoscere molto di più di quanto apparentemente viene raccontato. La simbiosi nella regia e nella scrittura con il corpo di due attori mostruosi come Jim Broadbent e Lindsay Duncan - ma c’è anche un favoloso terzo incomodo Jeff Goldblum - è qualcosa di poco visto nel cinema recente. Non a caso il film si conclude con una meravigliosa citazione ballerina di Bande à part di Godard.
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