Regia di J.C. Chandor vedi scheda film
Navigatore solitario su una barca a vela nell'Oceano Indiano viene costretto da una serie di infortuni e calamità che gli danneggiano e affondano irreparabilmente l'imbarcazione a trasbordare sul gommone di salvataggio alla deriva ed in balia di una incerta e perigliosa fortuna. Dopo giorni di navigazione e quando anche l'ultima speranza di sopravvivenza sembra svanire affida al mare il suo ultimo e accorato testamento d'amore per la vita ed i suoi cari...
Sulla stregua di un minimalismo e di una indipendenza produttiva che sembrano non tralasciare nulla al caso, il regista J.C. Chandor si imbarca in un survival drama in solitario dove le coordinate del racconto si attagliano perfettamente al grugno indurito ed al viso solcato dalle rughe di quell'eterno ragazzo dalla faccia d'angelo che ha attraversato con ammirevole longevità la lunga storia del cinema americano, quale icona di un disilluso eroismo e di una frontiera che sembra spostare continuamente il suo indefinito orizzonte conoscitivo. Rinunciando intenzionalmente alla verbosa retorica del cinema di genere e spostando attenzione ed energie sulle immagini di una personale sfida contro le impietose forze della natura si imbastisce, nella ellittica circolarità di un prologo di accorata e struggente disperazione esistenziale, una sorta di viaggio maieutico alla scoperta del sè che pare rievocare, senza l'armamentario filosofico e l'immaginario simbolico che gli erarno propri, le lontane ispirazioni di un cinema russo che sembrava accarezzare lo stesso desiderio di conoscenza oltre i limiti dell'umana impotenza e di un inconfessabile terrore escatologico ('Letter never sent' - 1959 - M.Kalatazov). Sebbene afflitto dalla programmatica ed inverosimile concatenazione di eventi avversi che si abbattono sullo sfortunato e laconico navigatore interpretato dal razionale ed infallibile (o quasi) pragmatismo di un Jeremia Jhonson in trasferta oceanica, il film si regge sul rigore fideistico di una messa in scena di spettacolare essenzialità, sulla strenua e calibrata strategia di sopravvivenza che conduce alle estreme conseguenze il discorso sul limite intrinseco delle risorse umane laddove il messaggio affidato alla bottiglia e l'inevitabile e disperato abbandono al dolce oblio delle onde paiono il pretesto drammaturgico per ribadire (semmai ce ne fossimo dimenticati) che la speranza è una fioca luce che ci richiama alla vita dalle oscure profondità della nostra coscienza. Singolare e suggestiva la scena di un novello Odisseo che si tappa le orecchie per sfuggire al canto suadente delle Sirene od all'abbraccio mortale di misteriose Nereidi oceaniche. All is lost...or almost.
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