Regia di Paul Feig vedi scheda film
Una ventata di creativa simpatia non basta. O forse sì, volendo chiudere un occhio, proprio come per ammiccare, invocando indulgenza su un film che magari non vale più di tanto, però aiuta parecchio il buon umore. La rubiconda Melissa McCarthy è infatti un vero turbine di comicità irriverente, un vortice di giovanilismo irrobustito dall’esperienza, nonché maturato al sole della disillusione. Il suo personaggio sembra passato direttamente dallo stadio dell’adolescente ribelle al rango del poliziotto di periferia, scafato dal quotidiano contatto con una malavita da quattro soldi, così rozza ed emarginata da non meritare l’attenzione degli investigatori federali. La sua scaltra combattività è espressione dell’amarezza di appartenere in toto al regno invisibile degli esclusi, che comprende la sua persona, il suo ruolo, gli stessi nemici contro cui deve continuamente lottare, per le strade e a mani nude. Il detective Shannon Mullins del Boston Police Department è il classico maschiaccio che, crescendo, ha deciso di farla pagare, con la forza della giustizia, ad un mondo sbagliato che l’ha precocemente sovraccaricata di rancore e disincanto. La sua figura genuina, arrabbiata e ruspante, pur nella sua incrollabile rettitudine morale, con la sua mole carnosa, arruffata e sanguigna, fa da clamoroso contraltare all’impeccabile rigidità professionale di Sarah Ashburn, (Sandra Bullock), funzionario dell’FBI eternamente in corsa per la carriera. La strana coppia, alle prese con una potente organizzazione di narcotrafficanti, coltiva di pari passo amicizia e rivalità, in una complementarità che si converte burrascosamente in complicità, fra grottesche iperboli di violenza, turpiloquio e volgarità grassamente declinata al femminile. La regia, pur fra occasionali momenti di incertezza, ha dalla sua parte la grintosa determinazione a riempire la scena di idee, di battute, di movimenti a sorpresa, di spunti caricaturali al limite del surreale, dando vita, istante per istante, ad una vivace e fantasiosa disarmonia di stili. Commedia ed action movie si incontrano sul terreno minato della parodia sociale, ironizzando, all’occorrenza, sul gusto dell’horror e degli eccessi militareschi di un certo cinema metropolitano. Il sarcastico caleidoscopio barcolla, un po’ goffamente, però continua a girare, compiacendosi delle dissonanze di una melodia a due voci che amano urlare le rispettive diversità. Sulla scia di questo sonoro contrasto, le interpreti principali si lasciano piacevolmente andare, incoraggiate da una sceneggiatura basata su un canovaccio grezzo e multiforme, che sembra invitarle a dare il massimo, rompendo le righe, fino a riportare alla luce le loro anime di attrici acerbe, sfrenate, ingenuamente entusiaste delle potenzialità della finzione. "The Heat" è un film divertito, più che divertente; una frizzante opera di intrattenimento che prende le distanze dal cinema d’autore giocando intelligentemente con il senso della misura.
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