Regia di Jean-Marc Vallée vedi scheda film
E' uno di quei film ruvidi americani, in cui gli americani si rappresentano senza remore nella loro grandezza (che è spesso mancanza di limiti e perciò equilibrio, e a volte anche megalomania), sia nel bene che nel male.
La grandezza nel bene è impersonata da un malato di AIDS, a cui all'inizio i medici avevano diagnosticato un solo mese di vita residuo, che riesce ivece a sopravvivere ben sette anni, arrangiandosi con tutti i mezzi, leciti o illeciti, a volte fantasiosi o comunque inusuali ed imprevisti; e adoperandosi a favore di una piccola comunità di altri malati di AIDS in condizioni simili alle sue. Dalla possibilità che gli offre il sistema di andare di fronte alla Corte Suprema a difendere (purtroppo non proprio con successo) il suo diritto a curarsi e a curare come gli pare. Dal fatto che, prima "macho" texano da rodeo che ha a schifo le "checche" gay, alla fine si affeziona ad un gay col suo stesso male; e soprattutto sta in tutta la solidarietà che nasce nella sua piccola comunità (il club).
La grandezza negativa sta come al solito nel potere accecante del denaro che strumentalizza stavolta il sistema sanitario americano, che ricerca il ritorno economico delle case farmaceutiche più che il benessere degli ammalati.
Toccante.
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