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Dallas Buyers Club

Regia di Jean-Marc Vallée vedi scheda film

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La recensione su Dallas Buyers Club

di laulilla
6 stelle

La storia, a quanto pare, è molto romanzata, ma questo non esclude che il film, che non vuol essere un documentario,sia ben congegnato, e che presenti anche oggi, in tempo di pandemia, più di un motivo per riflettere sul diritto alla salute.

 

Un mese prima di morire, nel settembre del 1992, l’elettricista texano Ron Woodroof rilasciò allo sceneggiatore hollywoodiano Craig Borden una lunga intervista per raccontargli la storia della sua malattia – l’AIDS – contratta parecchi anni prima, probabilmente all’inizio degli anni ’80, ma diagnosticata solo nel 1986.

Era comune a Woodroof e a Borden l’intento di ricavarne un film che aiutasse prima di tutto a sfatare alcuni luoghi comuni quindi a capire come si potesse convivere con quella malattia, limitando gli stravizi e adottando, per quanto tardivamente, uno stile di vita il più possibile sano.

Per una serie di dinieghi,resistenze, ostacoli, disguidi, con più di venti anni di ritardo il film ispirato alla storia di Woodroof ha potuto infine essere realizzato e visto nelle sale di tutto il mondo.

L’aveva girato, in soli venti giorni, Jean-Marc Vallée, che si era avvalso di un ottimo cast, puntando soprattutto sull’eccezionale recitazione di Matthew McConaughey (nei panni di Ron), fatto dimagrire a dovere per renderlo un malato di AIDS più credibile.

 

L’attore è infatti riuscito a dare corpo e anima al suo personaggio, adeguandosi benissimo alla parte del cowboy texano piuttosto convenzionale nel nostro immaginario: macho, collezionista di donne, arrogante e sprezzante; frequentatore  di rodeo, che troppo ama bere, troppo fumare e fare sesso senza preoccuparsi della malattia che si stava diffondendo.

Ron, anzi, é così stolto da ritenere che, non essendo gay, la cosa non lo possa in alcun modo riguardare: come si permette dunque un medico di dirgli che invece quella dannata  malattia ha contagiato anche lui? Come si permette di dirglielo davanti a un’infermiera? Non era un’infermiera, ma un medico a sua volta: anche nel Texas retrivo e repubblicano qualche donna era riuscita a farcela: questa lavorava con piena responsabilità e grande sensibilità negli ospedali, nonostante le insolenze di quelli come Woodroof e dei suoi amici, che, ora che è malato, non vogliono neppure avvicinarlo...chi l’avrebbe mai detto che Woodroof fosse gay?

 

Di fronte alla malattia mortale, però, non ha alcun senso discriminare fra gay ed etero o fra maschi e femmine; si impone, invece, anche al macho più sciocco, lo spirito di solidarietà e di aiuto: per questo molti malati che attendevano la morte in ospedale si erano offerti di sperimentare, sulla loro pelle, il nuovo farmaco che una casa farmaceutica stava provando in alcuni paesi europei.

A lui, che aveva deciso troppo tardi, non era stato concesso di sottoporsi alla sperimentazione.

 

Lascerà l’ospedale, allora, per tentare in Messico, la strada delle cure alternative.

In realtà non erano vere e proprie terapie: un medico aveva studiato un cocktail di proteine, vitamine ed estratti vegetali di provata efficacia nel rafforzamento del sistema immunitario, purché si accompagnassero a un sicuro mutamento dello stile di vita.

 

Woodroof ne avrebbe fatto un business – siamo in Texas, non dimentichiamolo! – e avrebbe iimportato a Dallas grandi quantità di quei preparati, ciò che avrebbe permesso a lui e ad altri di sopravvivere (non di guarire) ben al di là delle previsioni dei medici, affrontando l’ostilità delle case farmaceutiche, della Food and Drug Administration e delle autorità federali.

 

 

 

 

Questo aspetto della vicenda è centrale nel film: in un paese che non ha un servizio sanitario pubblico, la libertà di cura non può essere vietata, ma è vietato lo spaccio di farmaci non autorizzati e potenzialmente nocivi. Su consiglio degli avvocati Woodroof aveva fondato perciò un Club di compratori, per consentire ai malati, attraverso l’acquisto libero dei prodotti messicani, senza promesse di guarigioni miracolose, una maggiore serenità, rafforzata dal parziale recupero della forza fisica.

 

Un buon film, racconto asciutto e cronachistico chiaro e interessante, che bene restituisce il vitalismo disperato e impotente e molto texano di Ron, ribelle e individualista, secondo copione e forse secondo realtà, come gli ultimi eventi americani ci hanno fatto constatare ampiamente.

 

*il film ricostruisce molto liberamente la vera storia di Woodroof: chi vuole saperne di più, legga QUI



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