Regia di Jean-Marc Vallée vedi scheda film
1986, l’AIDS inizia a contaminare senza sosta. Nessuna cura è certa, niente speranze per gli infetti. Le aziende farmaceutiche sintetizzano l’AZT, potenzialmente risolutivo (in realtà letale). Iniziano a testarlo, ma per un anno somministreranno ai pazienti AZT o placebo casualmente, per mettere alla prova l’effettivo potere del medicinale. «Voi date zollette di zucchero a gente che muore?». Ron Woodroof c’è dentro fino al collo e di giorni a disposizione ne ha 30, non 365. Ex eroinomane omofobo e alcolizzato, a conti fatti è «un morto che cammina», essere sociale alla deriva per il quale non c’è posto se non tra i terminali. O all’obitorio. Ma dietro l’angolo c’è una speranza che si chiama medicina alternativa. Storia vera e schiumante rabbia, quella raccontata dal buon Vallée su spartito dei semidebuttanti Borten e Wallack. Gli abomini delle multinazionali incrociano la dimensione individuale del male, in un percorso che ha nel corpo di McConaughey - dimagrito di 25 chili - il contrappunto visivo. Attorno a lui figure archetipiche (il medico ottuso, la dottoressa coscienziosa, la transessuale di illuminato candore) di un passato prossimo ancora vivo, per un film di scrittura e interpretazioni (superbo McConaughey, brillanti Leto e Garner) la cui regia, pur tenendosi a distanza di sicurezza dalla ribalta, è in grado di esplicitare i sottotesti in poche inquadrature. Trasformando, per esempio, un chiesa in strip club nel semplice passaggio da un primo piano a un campo medio.
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