Regia di David Pastor, Àlex Pastor vedi scheda film
Il male di L’angelo sterminatore non è più una questione di classe. Si diffonde ovunque, in un contagio che impedisce a chiunque di uscire di casa e d’ufficio. Perché chi esce è perduto: l’aria aperta porta al soffocamento, all’asfissia. Alla morte. I superstiti si organizzano: multinazionali e metropolitane diventano bidonville, la legge scompare. Ritorna il tempo di homo homini lupus. Tra tutte le possibili storie, lo spettatore segue quella di Marc, in dialogo tra il tempo presente e quello di un passato prima della catastrofe, in cui era capitale umano precario e sfruttato. Anche ora continua a lottare, ma lo fa fuori dalla logica del tardocapitale, all’unico scopo di raggiungere Julia e il figlio che, secondo lui, il mondo non meritava. Dal cinema di genere in miglior salute (industriale) d’Europa, quello spagnolo, un film catastrofico che ha negli occhi i battiti del videoclip, i luoghi di Carpenter e i morti viventi di Boyle: i Pastor, già autori negli Usa di Carriers, raccontano di un mondo degradato, in crisi morale ed economica, incapace di vivere la vita vera, fermo in uno stallo prossimo alla putrefazione. Così, per far fronte agli umori apocalittici del cinema d’oggi, The Last Days lavora sulle dinamiche narrative della genitoralità come molto horror contemporaneo e opta per soluzioni antimoderniste come l’E venne il giorno di Shyamalan: ma questa trita parabola moralista dal simbolismo naïf non coinvolge a nessun livello, nonostante nel finale abbia l’ardire di sfidare il ridicolo affidandosi a un immaginario da pubblicità progresso.
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