Regia di Massimo Morini vedi scheda film
I trailer di Maccio Capatonda erano belli, sì, ma duravano troppo poco. Chi non ha mai desiderato vedere il film che si nascondeva dietro La febbra, per allungare le risate? Grazie a Morini, quel desiderio è realtà. A Bogliasco, Liguria, Max - che urla anche per chiedere un caffè - ha un incubo: insetti robot in computer graphic da Commodore 64 fanno esplodere la gente... in nuvolette di coriandoli! Poi si sveglia e il vero incubo ha inizio, senza più paracadute onirico a smussare il ridicolo. Anche nella realtà diegetica qualcosa non quadra, come sottolineano campionature sonore da pacchetto base di iMovie e smorfie facciali di un gregge di attori per gioco. L’amico Alex viene ucciso e sull’arma non ci sono impronte («Si può fare, basta levigarsele via: ti scortichi e agisci senza la pelle!», «Dev’essere decisamente doloroso»), mentre la gente si comporta in modo strano, come deduce la brillante mente di Max: «Temo possa essere un contagio, tipo mucca pazza». Del resto, le lezioni di yoga scatologico («il tuo subconscio spinge fuori le sensazioni represse») servono eccome. Anche a Gazzè, che ha un’intuizione sui numeri 12-12-12 scritti dalla vittima in punto di morte: «Un orario? Una data? Un numero di telefono? Il cervello che fa fare gesti a casaccio?». Fate voi, e siamo solo al minuto 35 di questo carnevale di dilettanti allo sbaraglio. In un mondo in cui i numeri di telefono hanno 6 cifre, 12 12 12 è un film geniale. Ma da noi, 6 cifre non le ha nemmeno il telefono amico. Vero, tenero scult.
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