Regia di Delmer Daves vedi scheda film
Delmer Daves = qualità. Credo che questa equazione sia praticamente sempre valida. Qui siamo in presenza di un buon melodramma, attento nel tratteggio psicologico dei personaggi e lontano dagli stereotipi, che punta il dito su un male della mentalità americana dell'epoca e non solo: cioè il puritanesimo e il perbenismo. Questi atteggiamenti, lontani dalla morale cristiana da dove pretendono di trovare fondamento, sono in realtà atti di crudele giudizio e ostracismo nei confronti di chi commette un errore; in queste occasioni tutti si sentono di scagliare la prima pietra senza ricordarsi dell'insegnamento di Gesù. Tutta la trama, infatti, ruota attorno ad una gravidanza da nascondere a tutti i costi, pena lo scandalo e l'esclusione dai rapporti sociali. Tuttavia, la menzogna architettata per nascondere il fatto rivela ben presto il suo peso schiacciante e insostenibile. Essa chiede tra l'altro che la ragazza rinunci al suo istinto materno e ai suoi diritti di madre, sentimenti umanissimi e imprescindibili.
Interessanti i personaggi dei genitori: sono buoni e comprensivi, ma non forti abbastanza da sottrarsi alla spietata logica puritana. Rimangono comunque delle persone positive che sanno affrontare la realtà quando diventa indispensabile, e non smettono mai di amare ed aiutare la figlia. Il regista sa trattare il delicato argomento con umanità, sensibilità, e senza toni didascalici o acidi, stando semplicemente dalla parte dell'amore e della giustizia. E sarà proprio l'amore che fa trionfare, sull'ipocrisia e le convenzioni sociali.
La fotografia cambierei. Non si capisce perché, ma il suo direttore usa degli stani filtri sull'obiettivo ogni volta che c'è un primo piano su madre o figlia. La prima non ha rughe e se la cava quanto all'aspetto, la seconda è decisamente molto bella, oltre che giovane. Perché dunque sciupare i primi piani di quel bel volto con filtri che sfumano i particolari e i contorni?
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