Regia di Terry Gilliam vedi scheda film
La malinconia ha invaso il Cinema visionario di Terry Gilliam, tornato alla ricerca del senso della vita.
In seguito ad una riflessione, protratta per diversi anni, sono giunto ad una conclusione: NON si può amare il Cinema e odiare Terry Gilliam. Poco ma sicuro. Come è poco ma sicuro che chiunque si occupi - o sia in qualche modo coinvolto - della distribuzione di prodotti cinematografici nella nostra Italia, debba altamente vergognarsi, una volta per tutte. Il motivo, molto semplicemente - oltre all'ovvietà del nome presente dietro la macchina da presa - è che tutti noi, specie in un periodo storico come questo, abbiamo bisogno di opere come questa, in grado di stimolare importanti riflessioni.
[https://www.youtube.com/watch?v=shmt-BReFuE]
"Allo stato attuale non proviamo alcuna gioia."
Il 1984 (II) e ½ riconferma (nel remoto caso in cui ce ne fosse stato bisogno) la folle genialità - o la geniale follia - di chi ha saputo ingannare il diavolo. Togliendoci sin da subito un sassolino dalla scarpa, la grandezza di questo 'The Zero Theorem', dodicesima pellicola dell'ex-Monty Python, non è lontanamente paragonabile a quella di 'Brazil', seppur di GRANDEZZA si sta parlando. Perchè sì, quando si pensa a Terry Gilliam, la mente punta istantaneamente nella direzione di 'Brazil', opera grazie alla quale è nata e morta una delle parti più importanti del Cinema - e dell'Arte in quanto tale: la fantasia. E in un mondo ove la fantasia è pressochè morta e sepolta, Artisti come Terry Gilliam vengono spinti in secondo piano (la lenta distribuzione è una delle tante prove). Del resto - come già affermai nel mio commento riguardante 'The Neon Demon' - siamo digitalizzati sino al midollo, alla mercè di ciò che può essere definito esistenza. Questa sorta di evoluzione involutiva, sarà la fine del mondo. Non è un caso che la storia di Qohen Leth (il magistrale Christoph Waltz) ci venga narrata da un Terry Gilliam triste e ormai rassegnato, privo dell'allegria che lo contraddistingueva precedentemente nel panorama cinematografico.
Qohen Leth, uno spirituale Sam Lowry, rappresenta perfettamente la nostra attuale condizione umana, in bilico tra le insicurezze e la paura d'incappare nella morte, senza prima aver trovato uno scopo, una voce che possa incoraggiarci a continuare ed affrontare le ingiustizie della routine - una grandiosa Tilda Swilton ricopre il ruolo della psicologa, intenta a capire i bisogni del protagonista. Abbandonati tra i colori di una stanca e non più vitalità, ossessionati dall'idea che una forza maggiore troverà le risposte a tutto ciò. In proposito, Gilliam ci ripete continuamente: "La Mancom da significato alle cose belle della vita.", come se passare il resto della propria esistenza al comando di una macchina - non a caso, molto simile ad un videogioco - rappresentasse la chiave di tutto. Inutile dire che la Mancom, il vertice della società nella pellicola, sia un rimando ad Orwell e alla sua pietra miliare, un argomento caro al regista statunitense. Il capoccia della Mancom, infatti, interpretato da Matt Damon, da continuamente l'idea di una figura divina, spirituale, ma limitato da una determinata parte di se stesso: quella umana.
Infine, pare che la "salvezza" risieda in un buco nero, precisamene, nel mondo dei sogni, in compagnia della nostra fantasiosa anima gemella, Bainsley per Qohen - interpretata da Mélanie Thierry - unico velo di luce speranzosa presente in 'The Zero Theorem', stroncato e deriso dalla critica e da una buona fetta di pubblico - amanti di Terry Gilliam compresi - ma che a me personalmene, nel profondo, ha emozionato più di tanti altri "prediletti", degli ultimi anni. Sperando che il buon Terry riesca nella non semplice impresa di realizzare 'The Man Who Killed Don Quixote' (progetto rimasto nella mente dell'Autore per troppo tempo), una misera parte di pubblico italiano potrà finalmente assistere in sala all'ultima, monumentale creatura di un genio visionario - ovvero, nessuno ricorda più la gioia e la spensieratezza, ma, nell'attesa di una telefonata, si cerca disperatamente il senso della vita.
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Alberto,apprezzo in pieno il tuo entusiasmo all'opera,ma il regista mi e' sempre stato un po' ostico (troppo visionario) ...ed e' la stessa cosa che ho scritto in calce alla rece di bufera (che ha il tuo stesso entusiasmo)...pero' ammetto che bisogna vederlo....e poi giudicare.....grazie del tuo commento,precisissimo..
Capisco la tua osticità nei confronti di questo Cinema, Ezio, pur non condividendola. Gilliam, come Tarantino, Refn e tanti altri, o lo si ama o lo si odia. Grazie del commento Ezio, un saluto!
Sono contenta che anche tu sia un entusiasta di Terry Gilliam, genio visionario assoluto che non tutti amano, forse perchè il suo eclettismo (animazione, regie teatrali,film di complessa realizzazione,come Parnassus bloccato per quattro anni dalla morte di Heath Leger e poi ripreso senza sostituirlo ma integrando il suo personaggio con altri attori, il Don Chisciotte che per sfortunati eventi non andò a completamento,lasciandosi per ora del materiale finito nel documentario Lost in la Mancha di altro autore) e la sua forza di volontà e indipendenza che lo ha messo in difficoltà anche economiche, non è arrivato nella sua positività in tutti gli animi.Ho visto la sua recentissima regia e messa in scena del melodramma Benvenuto Cellini, di Berlioz, al teatro dell'Opera di Roma, e vederlo così felice mentre il teatro veniva giù per l'ovazione che ha meritato,vivace,alla sua non più verdissima età, mi ha entusiasmata nella certezza che qualunque cosa fa ,dando la sua impronta, arriva dove vuole.vedrai che ci farà anche un compiuto Don Chisciotte e anche tra breve, e speriamo altro ancora che ci arricchisca la fantasia. Scusa il ritardo,ma ho avuto un momento difficile, Bravo.nelle tue parole ha avvertito il mio stesso entusiasmo e la recensione è degna di esso:)
La prima opera di Gilliam che vidi fu 'Paura e Delirio a Las Vegas'. Rimasi folgorato, pensai: "questo qui o è pazzo da legare o è un genio indiscusso". Successivamente, recuperai il tanto sottostimato 'Parnassus' e da lì mi innamorai. Tralasciando l'estetica visionaria, più unica che rara, credo che nessun'altro, in seguito alla morte del proprio attore protagonista, avrebbe fatto ciò che ha fatto Gilliam. A quel punto ho realmente percepito il Genio, nella scelta (da te citata) di integrare il personaggio di Ledger con altri attori. E francamente, mi rattrista enormemente vedere un artista simile in difficoltà di produzione (e distribuzione) per film a bassissimo costo come questi.
Ti ringrazio per il commento, Anna, un saluto!
Dopo due mesi di lontananza dal cinema dò un'occhiata alle proposte e vedo un film di Terry Gilliam uscito il 7 Luglio; penso "Uao, sembra incredibile"; cerco un cinema in cui lo diano nella mia zona; scopro che in Liguria lo hanno già ritirato dalle sale. I distributori italiani sono dei grandissimi fetenti, ma io ormai non reggo nemmeno più il pubblico, che o non caga nemmeno di striscio certi film o se va a vederli ti tocca avere vicino delle vecchiette impellicciate che si addormentano dopo un quarto d'ora o dei piccolo-borghesi di mezz'età che ci vanno per darsi un tono e poi passano il tempo a sghignazzare e a fare battute da quattordicenni. Scusa lo sfogo ma quando ci vuole...comunque complimenti per la recensione, anch'io trovo impossibile non adorare quel pazzerellone di Gilliam. Ciao,
Davide
La penso esattamente come te. Se il pubblico in sala fosse più cosciente di trovarsi all'interno di un cinema - non pretendo che tutti debbano essere dei grandi critici, esperti in materia - i vari problemi (distribuzione compresa) si ridurrebbero notevolmente.
Ti ringrazio per il commento, ciao!
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