Regia di Giovanni Columbu vedi scheda film
La Passione secondo Columbu, in Concorso al 30° Torino Film Festival, è un gesto cinematografico esaltante, arcaico e moderno, insieme locale e globale, terragno e rigoroso. Contemporaneo. Lontano dalla messa in scena piana, illustrativa, del Testo Sacro, Su Re è prossimo alla Messa: il regista, a 11 anni da Arcipelaghi, chiama a sé le istituzioni sarde per partecipare alla produzione, convoca il popolo di Oliena, nell’entroterra dell’isola (dove John Huston girò un frammento di La Bibbia) e fa recitare a non professionisti (compresi gli abitanti del Centro di Salute Mentale di Cagliari) lacerti di Nuovo Testamento. È un coro di volti e corpi in dialogo con il territorio, di voci che articolano la Storia Sacra nel dialetto indigeno: come una cerimonia locale, come un’appropriazione rituale di un sentimento universale. Un’eucarestia. Che guarda al cinema del reale, all’amatoriale (ci piace ricordare la recita in costume, trentina e dreyeriana, di Le fiamme del Paradiso di Luciano Emmer) e ci rammenta che il frammento è la forma principe del cinema d’oggi: Su Re, basandosi sulla lettura sinottica dei 4 Vangeli, rilegge la Storia del Cristo sotto altrettanti punti di vista. E, come un Rashomon pasoliniano, inceppa la traccia del tempo, narra e rinarra i medesimi eventi, ripete, varia, remixa. Così facendo sottrae il racconto evangelico all’automatismo, lo ripensa sulla pelle e nella terra, ne fa un’esperienza di attualizzazione sensoriale. E di condivisione, nell’asperità lancinante dei suoni, nella matericità odorante di immagini pittoriche, rudi, primitive, bellissime.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta