Regia di Giovanni Columbu vedi scheda film
La Sardegna più intima, quella misteriosa e tormentata delle montagne del Sopramonte, la stessa, proprio il Monte Corrasi, che accolse alcune scene drammatiche della Bibbia di Houston, viene rappresentata dal regista come luogo significativo, senza dimensioni spazio-temporali delimitate, dell'eterna e tormentata storia dell'uomo. Attraverso la lettura sinottica dei Vangeli, Giovanni Columbu restituisce all'umanità l'essenziale, indissolubile legame religioso (di tutte le religioni) con la terra. L'illusione atavica (e blasfema) dell’umanità di liberarsi da questo legame, viene svelata e irrisa attraverso le immagini immense di una natura che parla: attraverso il suono del vento, l’incombere freddo delle nuvole, l’inviolabilità degli anfratti rocciosi. E restituisce all’uomo il ruolo di piccolo essere, partecipe della complessità infinita e misteriosa del creato: un essere fragile e sgomento, pronto a farsi carnefice e vittima, esule senza pace dopo la preclusione assoluta al paradiso perduto.
La dimensione narrativa della passione di Gesù è profondamente poetica e religiosa: si fonda sulla comunicazione incisiva di espressioni e gesti, parole nette e brevi frasi, mentre la colonna sonora è affidata alla grande maestria di una natura selvaggia e per questo profondamente, autenticamente umana. Solo l’irrompere delicatissimo di un coro (anch’esso senza tempo) dopo il compimento della tragedia, esprime il sentimento di pietà del regista, in un abbraccio essenzialmente cristiano che non esclude nessuno dei protagonisti. Compresi il giovane traditore, schiacciato dalla vergogna, e i malvagi carnefici, intenti perennemente a tramare sotto le mura incombenti di un maestoso nuraghe.
Straordinaria la sensibilità di Giovanni Columbu nella scelta dei protagonisti, non attori professionisti ma attori autentici di un’esistenza intimamente legata ai luoghi del contesto scenico. Anche la presenza “corale” e accorata di persone in cura presso un CSM di Cagliari sembra rispondere al bisogno di rappresentare, dell’uomo, la preziosa autenticità e insieme le infinite sfaccettature: restituendogli a dispetto delle manipolative semplificazioni mediatiche, l’essenza naturale della sua misteriosa, e religiosa, complessità.
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