Regia di Ryan Redford vedi scheda film
Oliver Sherman e’ in realtà Sherman Oliver: un reduce della guerra (in Iraq direi, seppur il film non lo precisi) che, rimessosi almeno fisicamente in seguito alla brutta ferita alla testa che lo ha tenuto in coma per lungo tempo, trova la forza per andare a trovare il compagno d’armi che lo ha salvato in extremis. Giunge pertanto in un paesino sperduto come tanti nel vasto e freddo Canada, accolto con stupore ma anche con un certo affetto dall’amico e dalla moglie di costui nella loro graziosa casa ai limiti del bosco. Disoccupato e con un sussidio che gli garantisce la sopravvivenza Sherman (questo il suo nome, nonostante fosse stato inteso presso l’ospedale militare come Oliver durante tutto il periodo del coma), accolto a tempo indeterminato dall’amico cordiale e compassionevole, passa le sue giornate in biblioteca rimuginando ossessivamente i suoi pensieri fissi fatti di armi, esplosivi e riscatto sociale, ammirando il collega per la sua vita serena e piena di traguardi positivi, cercando di alleviare il dolore di una solitudine che lo ferisce ben più acutamente delle ferite corporali.
Un Rambo devastato dentro ancor più che fisicamente, che si consuma lentamente in un dolore che cerca di trattenere in se’ implodendolo, ma che spesso non riesce a controllare facendolo debordare, con conseguenze poco rassicuranti per chi gli sta vicino.
Opera prima di Ryan Redford, Oliver Sherman è un film molto bello, toccante, doloroso, che si avvale per di più dell’interpretazione di un terzetto d’attori davvero notevole: Molly Parker, eterea fino all’evanescenza, è un’attrice nota che ben si adatta ad un cinema d’autore fatto di piccoli mezzi e molte idee, un cinema da Sundance che sa parlare allo spettatore comunicandogli le emozioni e la vitalità dei personaggi che lo popolano; Garrett Dillahunt dà vita ad un personaggio disturbato che inquieta e comunica tenerezza al tempo stesso: la sua interpretazione andrebbe premiata su palchi ufficiali prestigiosi e fin troppo glamour, ma che servirebbero a lanciare il film distogliendolo da un anonimato che certo non merita. Un altro piccolo gioiello del cinema Mercury di Nizza, fonte generosa di sorprese e di buon cinema nascosto e da scoprire.
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