Regia di Jon Turteltaub vedi scheda film
Erano giovani e forti (qualcuno più di altri), non sono ancora morti anche se uno c’è andato vicino (Morgan Freeman, infartuato, è tenuto sotto stretta sorveglianza dal nipote). Da bambini pensavano di conquistare il mondo assestando un destro al bullo di turno, da anziani non si vedono spesso, e quando si ritrovano per l’addio al celibato del più lieve & mondano versano lo scotch invecchiato male. Quello che accade a Las Vegas resta a Las Vegas, recita il detto, e l’ultima notte da leoni è un’avventura coerentemente trascurabile: quattro glorie hollywoodiane nella patria dell’eccesso, uomini vissuti circondati da macchine a gettoni e scenari vistosamente artificiali, potevano sfidare a pugni chiusi la città confezionata e invece sguazzano nelle sue piscine riscaldate, imbastendo festini a base di energy drink e rincorrendo libere uscite mai veramente agognate, facendo persino i giudici infoiati al concorso per formattate bellezze in bikini. Caratterizzati con due tratti di matita in croce, quanto basta per tampinare paure e nevrosi del target anagrafico, i grandi interpreti fanno ciò che non è concesso ai loro personaggi: tentano la fuga dalla grassa risata, imprimendo deviazioni espressive alle senili maschere bradicardiche. Costruite su misura (millimetrica, mortificante) del loro pluripremiato talento, queste non si staccano dal cliché dell’ultima spiaggia, e l’unico carattere che non naviga a vista è la Diana di Mary Steenburgen: cantante di pianobar disincantata e arguta, è la sola stella illuminante di un film obnubilato.
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