Regia di Arnaud Desplechin vedi scheda film
Appena finito questo film mi è venuto subito in mente un altro film che parla di psicologia, ovvero " A dangerous method" di Cronenberg. Che ovviamente non c'entra nulla, se non che regola vuole che Freud deve venire nominato almeno una volta in un film che parla appunto di psicologia. Jimmy Picard è un reduce di etnia blackfoot, un indiano quindi ( e qui altro collegamento con Qualcuno volò sul nido del cuculo) che, in seguito a traumi di natura mentale prima ancora che fisici viene costretto dalla sorella a farsi curare in un ospedale militare. E da qui ha inizio una lunga seduta sotto forma di dialogo a due tra Amalric ( lo psicologo sui generis esperto di antropologia indiana) e Del Toro ( che con le sue espressioni sofferenti e da uomo vissuto meriterebbe di finire fotografato ed esposto in una galleria d'arte). Sono loro che reggono l'intero film, tutto il resto è corollario, ma non secondario. Perchè senza il resto, i ricordi, le esperienze, gli errori, dove saremmo noi? Sicuramente non saremmo gli stessi, non saremmo NOI stessi. Potremmo parlare per condizionali, cosa sarebbe successo se avessimo o meno fatto quella cosa li oppure se anzichè andare a destra fossimo andati a sinistra, insomma, fate voi, tanto sicuramente di rimpianti ed errori ne abbiamo fatti tutti. La psicologia può aiutare? O per farsi passare i fortissimi mal di testa, Jimmy può continuare a bere come una spugna? Alla fine è la stessa differenza che c'è tra un suicidio veloce e uno lento. Anzi, no, con l'alcol non pensi. Ma far riemergere in superficie gli sbagli di una vita, anche quello può essere pericoloso. Insomma, Jimmy fa una scelta e decide di farsi aiutare, e nei panni dello psicologo ci lasciamo trasportare attraverso la sua infanzia, e l'amore, e la guerra, e la morte e tutto ciò che concerne la vita di un uomo. Perchè più passano i minuti, più abbiamo cose da raccontare. Basta che qualcuno ci ascolti.
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