Trama
Alla fine della Seconda guerra mondiale, Jimmy Picard (Benicio del Toro), un americano che ha combattuto in Francia, arriva nel rinomato ospedale di Veterans Winter, a Topeka, in Kansas. Jimmy soffre di lancinanti emicranie e perdite improvvise di vista e udito ma, nonostante una serie di esami, le sue condizioni lasciano perplessi i medici. Incapaci di aiutarlo e con la loro infelice diagnosi di schizofrenia, i dottori chiedono l'aiuto di Georges Devereux (Mathieu Amalric), un antropologo e analista francese anticonformista. Sin dal primo incontro, i due uomini stabiliscono un rapporto di fiducia e rispetto reciproco nel momento in cui Jimmy intuisce il profondo interesse di Georges per la cultura dei nativi americani. Nel corso delle sessioni quotidiane successive, Jimmy comincia a rivelare un po' più di sé, descrive i sogni e ripesca nella memoria ricordi dimenticati, permettendo a Devereux di guidarlo verso la via della guarigione.
Approfondimento
JIMMY P.: UNA STORIA VERA
Jimmy P., diretto e sceneggiato da Arnaud Desplechin e interpretato da Benicio Del Toro e Mathieu Amalric, è ispirato a una storia vera ed è l'adattamento del libro (considerato seminale) di Georges Devereux Psychothérapie d'un Indien des Plaines (Psicoterapia di un Indiano delle pianure). Pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1951, il libro riflette l'approccio multidisciplinare unico dell'autore, il cui mix di antropologia e psicoanalisi ha aperto la strada all'etnopsichiatria, ed è uno dei pochi volumi della storia che restituisce per intero e minuziosamente, seduta per seduta, il progredire dell'analisi su un paziente.
CHI ERA GEORGES DEVEREUX
Ebreo di origini ungheresi, Georges Devereux si trasferì a Parigi a metà degli anni Venti del Novecento quando, dopo brevi studi scientifici (anche con Marie Curie), cominciò a dedicarsi all'etnologia e all'antropologia. Contemporaneamente a quando Claude Lévi-Strauss pubblicò la sua prima ricerca studio sulle popolazioni indigene dell'Amazzonia, Devereux si trasferì nell'America del nord, rendendolo il terreno prediletto per i suoi studi. Fu negli Stati Uniti che Devereux si specializzò nello studio degli indiani Mohave, soggiornando spesso nelle loro tribù e dedicandosi all'osservazione delle loro abitudini con un taglio non solo sociologico ma anche psichiatrico e psicologico (decisione presa dopo aver osservato l'aumento di problematiche comportamentali tra i Mohave).
Quando poi entrò al Winter Hospital di Topeka, luogo in cui incontrerà Jimmy Picard, Devereux aveva già alle spalle diverse cariche importanti nel mondo della ricerca ospedaliera. Il Winter Hospital, restaurato appositamente per Jimmy P., fu uno dei primi ospedali militari degli Stati Uniti a dedicarsi al trattamento dei disturbi psicologici nei veterani di guerra e qui Devereux, complice il suo carattere ribelle, si costruì suo malgrado la reputazione di millantatore caotico e controverso, quasi fosse «una sorta di fuorilegge della comunità scientifica» - come lo ha definito Elisabeth Roudinesco nella sua prefazione a Psicoterapia di un indiano delle pianure - «troppo freudiano per gli antropologi, troppo etnologo per gli psicoanalisti e troppo poco psichiatra per i professionisti della salute mentale».
Note
"Jimmy P." non è solo un film su un processo di analisi. Non è un film che chiarifica. Perché Desplechin è interessato - da sempre - a ciò che deborda dagli schemi con cui interpretiamo il mondo. E che qui non s’infiamma nella forma isterica e massimalista del cinema precedente, ma s’ammutolisce sulla superficie opaca delle cose, in un’opera scarnita, insieme teatrale e minerale. È lo spettatore a essere invitato a gettare la luce, a unire i segni che circolano nel film, a rispecchiare Georges in Jimmy, a comprendere entrambi, i loro nomi dimenticati, i traumi subiti dalla Storia, il ginepraio dei sentimenti, degli impliciti, degli alibi, delle colpe, degli amori.
Trailer
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Commenti (1) vedi tutti
Film che resta incompiuto e sospeso, come prigioniero dell'interminabilità dell'analisi, dello spaesamento di un lieto fine…
commento di stenlio