Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Glaciale e inquietante come la litania musicale appositamente composta da Ennio Morricone, I pugni in tasca fu il dirompente esordio alla regia dell'allora giovanissimo Marco Bellocchio. Debitore della Nouvelle vague francese non solo per quanto riguarda la sperimentazione linguistica, ma soprattutto per uno spirito di contestazione totale, giovanile, di rottura nel suo raccontare la mostruosità strisciante tra le mura delle famiglie italiane, dietro la facciata del benessere; uno spirito che nasce comunque da un'esigenza personale, intima, dell'autore. Il film non è, infatti, un attacco alla media borghesia, la quale viene rappresentata probabilmente solo da uno dei fratelli del protagonista, Augusto, ben inserito nella società, con un buon lavoro, una fidanzata, un giovane uomo "a modo"; I pugni in tasca è piuttosto un'opera di genuino dolore ed espressività sottratta, tenuta sotto controllo attraverso un approccio tecnico subordinato alla finzione. A rendere reale e dura la visione dell'opera è la costruzione della famiglia, la quale porta con sé la tensione sopita, l'atmosfera malata che permea gli ambienti, i personaggi, la realtà tutta messa in scena dall'autore.
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