Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
Marion Crane è segretaria in un'agenzia immobiliare. Insoddisfatta della propria vita ed innamorata di Sam Loomis, con il quale ha una relazione, trovatasi per le mani una grande somma di denaro, dà retta al proprio istinto, il quale la spinge ad appropriarsene, per raggiungere il proprio amato nella città ove abita ed aiutarlo a saldare alcuni conti in sospeso, affinchè i due, successivamente, possano "normalizzare" il loro rapporto. Nel corso del viaggio, si trova a passare nei pressi del "Bates Motel" e decide di trascorrervi la notte. L'albergo è gestito da Norman Bates, il quale vive in una casa nei pressi, con l'anziana madre; dopo un dialogo con l'uomo, Marion valuta l'ipotesi di restituire il denaro, ma non ha occasione di farlo, poichè viene brutalmente assassinata nella stessa notte. Alfred Hitchcock dirige un thriller che ha fatto scuola, grazie ad una trama avvincente, ma soprattutto ad un'eccezionale caratterizzazione del "cattivo", Norman Bates. Inizialmente, la tensione non è molto elevata. La narrazione pone in primo piano il personaggio della giovane Marion, conferendole man mano spessore. Ella soffre per una vita povera di soddisfazioni, prigioniera dei ruoli di impiegata e di amante in perenne attesa del suo uomo; commette un'azione che le consente di provare l'"ebbrezza" del rischio e del proibito, ma sin da subito appare non in grado di gestire la situazione. Il dilemma interiore che si apre trova una soluzione nel confronto con Norman Bates. Senza una compagna, ne' un amico, condannato ad assistere una madre anziana ed invalida, legato ad un lavoro che non offre alcuna prospettiva, l'albergatore appare a Marion come persona ben più sfortunata della donna, la quale sceglie di "tornare nei ranghi", rimediando a quanto commesso. Ma non ne ha il tempo; Marion è barbaramente uccisa mentre è sotto la doccia. Uscita, improvvisamente ed imprevedibilmente, di scena la donna, il protagonista del racconto diventa Norman. E' stato lui ad uccidere Marion ? L'azione delle persone che si erano poste alla ricerca della giovane - Sam Loomis, la sorella Lila, il detective Arbogaste - ci conduce ad una risposta. Nel corpo di Norman vivono due personalità; quella dell'apparentemente mite albergatore, ossessionato dalla figura materna, e quella della stessa madre. Lasciando comunque aperta l'ipotesi di un evento sovrannaturale - corroborata dalla facoltà di Norman di parlare con voce di donna, benchè non sia mai inquadrato nel farlo - il regista offre una spiegazione a ciò nelle ultime sequenze, tramite uno psicologo, che spiega il singolare evento identificandone le cause nel rapporto simbiotico tra madre e figlio; sentendosi tradito nel momento in la donna cui si fidanzò con un altro uomo, il figlio uccise entrambi, "interiorizzando" la figura materna; pensando ed agendo come essa. Come il rapporto tra le persone reali, altrettanto è morboso quello tra le due anime abitanti il corpo di Norman. Così, avendo provato quest'ultimo attrazione per Marion, la personalità materna, preso il sopravvento, agisce per eliminarla; riacquistato il controllo, lo spirito di Norman s'ingegna per nascondere il crimine. Nessuno dei due vuole il male, ma entrambe sono costretti a compierlo per salvaguardare l'altro e difendere il loro legame malato. La tensione cresce fino a raggiungere il culmine nella sequenza prossima all'epilogo, che mostra volto e corpo della madre, parzialmente imbalsamato, parzialmente mummificato; altri momenti di forte impatto sono rappresentati dalle sequenze degli omicidi, sia quella celeberrima che racconta la morte di Marion, sia quella che mostra - quasi prendendo di sorpresa lo spettatore - la morte del detective Arbogaste. Buona interpretazione per Janet Leigh (Marion) ed Anthony Perkins (Norman Bates); notevole, la colonna sonora. Un motivo ossessivo irrompe e si ripete durante le fasi di violenza. Atmosfere tetre e solitarie completano il quadro. Il film mi è piaciuto in ogni suo aspetto; non mi ha, tuttavia, "sconvolto" più di tanto, poichè avevo già conosciuto i temi introdotti da Hitchcock in molte altre opere cronologicamente successive (un esempio tra le tante, "Split" di M.Night Shyamalan). Posso comprendere, comunque, tutto lo scalpore sorto intorno all'opera del regista di origine inglese, generato da un fitto mistero sul quale far luce; più di una sequenza in grado di far sobbalzare lo spettatore; la "morbosità" del rapporto tra le due personalità, che convivono non senza conflitto all'interno di uno stesso corpo.
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