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Psyco

Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film

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La recensione su Psyco

di ethan
10 stelle

A Phoenix in Arizona l'impiegata Marion Crane (Janet Leigh), in una relazione semi-clandestina con Sam Loomis (John Gavin), ruba 40.000 dollari al suo capo-ufficio e scappa dalla città: nel corso del viaggio, dopo aver cambiato auto, incappa nel Motel Bates, di proprietà dell'inquietante Norman (Anthony Perkins), che vive in una casa dall'aspetto sinistro, dalla quale lo si sente discutere animatamente con la propria madre, a ridosso delle stanze. Marion cena insieme a Norman il quale, dai discorsi che intreccia con lei, si dimostra sempre più strano e poi si prepara per una doccia rigenerante...

'Psyco', introdotto dall'ossessivo ed assillante tema di Bernard Herrmann e aperto da una panoramica che, con qualche stacco, entra furtiva in una stanza d'albergo dove osserva quella che, in apparenza, sarà la protagonista, Marion, una canonica bionda hitchcockiana con più di uno scheletro nell'armadio, in compagnia del suo uomo, è uno dei suoi film più famosi in assoluto, l'ultimo girato in bianco e nero, con tonalità in gran parte tenui ma con contrasti chiaroscurali (la fotografia è di John L. Russell) nei momenti topici a sottolineare l'ambiguità, la dualità di alcuni personaggi, nonché quello che ha ottenuto il maggior guadagno ma, cosa più importante di tutte, uno dei suoi capolavori.

Tratto dal romanzo di Robert Bloch e ridotto per lo schermo da Joseph Stefano, 'Psyco', che in italiano perde l'acca della versione originale, è un thriller virtuosistico con una discesa pronunciata nei meandri dell'horror che contiene e riversa in immagini quasi tutte le ossessioni e le tematiche del cineasta, vale a dire il voyeurismo, il viaggio pieno di imprevisti, il doppio e lo sdoppiamento della personalità, incarnate in prevalenza dal personaggio di Norman Bates, ma secondariamente anche da Marion Crane, le cui sfaccettature del proprio intimo sono suggerite dalle molteplici inquadrature dove anch'essa è riflessa in uno specchio, l'elemento psicanalitico, l'omicidio ovviamente e l'investigazione fatta da soggetti che non sono professionisti del mestiere, cioè Sam Loomis e Lila Crane (Vera Miles), dopo che un vero detective, Arbogast (Martin Balsam), ha fallito nel suo compito.

Altro fattore non secondario dell'importanza del film è quella sorta di gioco a rimpiattino con cui un 'malefico' Hitchcock gioca con lo spettatore, che si identifica in quella che per più di un terzo del film appare la protagonista, Marion, poi bruscamente 'eliminata' con una delle scene più famose dell'intera storia del cinema, quella della doccia, dove il prezioso contributo del compositore Bernard Herrmann, al di là della bravura del regista e del montatore, il solito George Tomasini, dona al tutto una componente ancor più sinistra ed angosciante alle crude e velocissime inquadrature, per poi 'trovarsi' con un nuovo protagonista per il resto della narrazione, Norman, l'unico, in coabitazione con il Charlie Oakley interpretato da Joseph Cotten de 'L'ombra del dubbio', totalmente negativo in un suo film.

Non è assente qualche tocco di humour, stavolta intinto nel macabro, il ritmo è pressoché perfetto e la tensione è costante nella prima parte con Marion, con il picco nella suddetta sequenza pluricitata della doccia, e subito dopo crescente durante le ricerche ossessive della 'madre' di Bates, fino alla sua scioccante 'scoperta', per poi diradarsi a causa dello 'spiegone' a sfondo psicologico poco prima della penultima inquadratura, che contiene un frammento subliminale, per poi, in dissolvenza incrociata, chiudersi sulla macchina di Marion.

Straordinaria la prova di Anthony Perkins, anche se, per ironia della sorte, lo stesso attore è rimasto, come il suo personaggio, imprigionato dalla sindrome di Norman Bates, che l'ha accompagnato per il resto della sua pur più che onorevole carriera.

Il film ha tre seguiti, che non ho visto, e un remake, inquadratura per inquadratura, di Gus Van Sant, però a colori, di cui non si può dire che sia brutto anzi tutt'altro, ma cui prodest?

Voto: 9,5 (v.o.s.).

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