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Psyco

Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film

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La recensione su Psyco

di maso
10 stelle

Che autentico genio figlio di puttana Hitchcock, nel realizzare questo film ha davvero superato se stesso, in un anno fatidico un film fatidico come Psycho con il quale ha sbattuto in faccia allo spettatore tutto e il contrario di tutto e con l'ambizione di realizzare il film puro ha creato un punto di partenza per tutto il cinema di genere successivo mettendo la parola fine a quello precedente.

E' un film malato, disturbante fin dal titolo così sospeso in quelle sei lettere che possono significare qualsiasi cosa tagliate a pezzi dai violini di Bernard Hermann che ci portano a prendere per mano Marion Crane, la bionda più memorabile e allo stesso tempo sfigata e senza spina dorsale del campionario hitchcockiano, la scelta è perfetta in Janet Leigh che fa sesso a bestia casta e pura con la sua lingerie bianca che poi diventa nera dopo aver varcato la linea del reato per inseguire lo squallido sogno di leccare i francobolli di John Gavin nel retrobottega di una qualunquissima città sperduta nell'Arizona.

La Crane c'ha un bagagliaio straboccante di paranoie che montano sui sedili anteriori della sua auto e la inseguono in una macchina con le sirene rosse e lo stellone sulle portiere, e mentre Hermann ripassa il saggio con viole e violini ci si chiede: la farà franca con il suo mazzetto di dollari che cominciano a parlare con la voce del suo capo, della sua collega d'ufficio e del cliente che faceva il cascamorto con lei?

 

 

Si fa notte e piove a dirotto, dirotta l'auto dal viadotto ad un motel malridotto e fa la cazzata più grossa della sua vita perchè tutti i calcoli che abbiamo fatto su di lei finiscono nel buco di una doccia: se ha fatto bene a fare il passo più lungo della gamba o il gambo più lungo della passera imbalsamata non ha più alcuna importanza perchè i protagonisti di questa storia non sono ne' lei ne' i suoi stramaledetti quarantamila dollari grattati, non è il detective Arbogast che li sta cercando e la sta cercando, non è neppure Sam o la sorella di Marion che dovrebbero rappresentare la novella coppia che in un film di Hitchcock capita spesso, e non è neanche Norman Bates che blatera le sue frustrazioni a ripetizione quando passa qualcuno nel suo squallido motel, i protagonisti di questo film sono due occhi che si vedono appena nella scena della doccia, celeberrima, fulminea, spettrale come quell'ombra nera che si avvicina dietro la tenda, una scena masturbata da e su tutti gli obiettivi del mondo.

Quei due occhi bianchi impazziti che si vedono per un lungo istante fra un frame e l'altro ricompaiono alla fine chiedendo comprensione, in fondo è una povera vecchia malata e quel bugiardo patentato di Hitchcock mente quando si sente una voce di donna che parla con Norman Bates, mente quando fa ondeggiare Arbogast a ritroso giù per le scale squarciato in viso dalla lama luccicante, mente quando ondeggia come un uccello impagliato su per le scale della tetra casa dei Bates mentre Norman porta in cantina la madre che lo continua a rimproverare con la sua voce gracchiante ma non mente quando dice alla gente che ha visto il suo film di non raccontare ciò che c'è in mezzo mentre si può liberamente spifferare che la madre di Norman Bates è una bugia di Hitchcock che ci ha portato a salire le scale insieme a Vera Miles fino alla sua camera, per poi spaventarsi a causa della sua immagine riflessa allo specchio che rimbalza fino alla cantina dove la signora Bates la sta aspettando per accoglierla a braccia aperte con un sorriso scolpito in viso.

Gus Van Sant lo ha fotocopiato tranne che per una mano di colore e un'altra che si masturba, non con la doccia, e se devo dirla tutta non è una vergogna.... farsi le seghe su Psycho.

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