Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
Hitchcock girò il film per sperimentare un sadismo e una compiacenza del macabro che precedentemente non aveva trovato sfogo. Grazie al romanzo di Bloch e ai recenti fatti di Ed Gein, di cui il romanzo ne è una rivisitazione, Sir Alfred riesce a comprare i diritti dello scrittore americano e a girare un film straordinario, seppur datato. Si salvano all'usura del tempo e all'inflazione del genere, la storica scena della doccia, la presenza claustrofobica dell'agente della stradale, la morte di Martin Balsam giù per le scale e l'agnizione finale. Anche la chiusura del film, con Perkins che ti sorride guardando in camera, ha il suo fascino mai morto, come la carrellata che s'avvicina sempre a Perkins, fermo in chissà che adorazione, fuori da casa sua mentre il Sam Loomis di John Gavin lo cerca al motel. Per il resto il film risente chiaramente dell'epoca, di un certo ritmo che si diceva da brivido ma che ora non farebbe saltare nemmeno i gatti (cosa in cui riesce ancora bene il "Suspiria" del discepolo hitchcockiano Argento). Va detto però che tutta la prima parte del film è ben congeniata, una bomba ad orolegeria che scoppia con la morte di Janet Leigh nella doccia. Dopo di che, il film riprende da capo, come se fosse il seguito, il numero 2. E fino alla morte di Balsam siamo daccordo a dire che si tratta di un capolavoro, ma poi tutto scade un po' nelle premure borghesi dei due neo-protagoinisti, per arrivare fortunatamente alla grande agnizione finale della madre morta che ricorda "Il Fantasma dell'Opera" di Julian, e doppiamente efficace perchè ci svela anche un altro specchio nascosto, quello del Norman Bates che si fa "madre" e "assassina" nei suoi sdoppiamenti di personalità.
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