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Psyco

Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film

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La recensione su Psyco

di chinaski
8 stelle

La storia, dopotutto, non è neanche delle più originali. Forse per le prime volte si parlava di schizzofrenia e dissociazione della personalità, ma l’impianto narrativo sempre quello era. Dei soldi rubati, alcuni omicidi, delle indagini, la spiegazione finale. Ma allora perchè questo film è un capolavoro?
Per l’ Occhio. Per la capacità di Mostrare.
Ecco perchè Hitchcock è uno dei più grandi registi, perchè ha imposto alle storie il suo occhio, ha imposto a tutto il materiale che ha girato il suo sguardo.
Questo film andrebbe descritto scena per scena. Ogni sequenza è una piccola lezione di cinema, è un insegnamento su come girare, su dove posizionare la macchina da presa.
Possiamo parlare di messainscena, di composizione dell’inquadratura. Di come tutti gli elementi visivi abbiano un loro significato e una loro forza.
La sequenza in cui Marion viene seguita dal poliziotto della stradale è sbalorditiva. Il montaggio da ritmo alle angosce e alle paranoie di Marion. Le struttra visivamente. Lei guarda la strada e subito dopo lo specchietto. Noi guardiamo lei e subito dopo l’immagine nello specchietto. Entriamo nella sua paranoia, nel suo stato di agitazione emotiva.
Perchè quel poliziotto la segue?
E’ un semplice controllo?
Oppure già si è saputo del suo furto?
Dopo il suo incontro con Norman Bates, Marion decide di mangiare qualcosa insieme a lui. Si spostano nella sala dietro l’ufficio di Norman. Vediamo delle immagini di uccelli imbalsamati, in alcuni casi sono nella stessa inuadratura con Norman. Un elemento scenico diventa un elemento emotivo. Gli uccelli incutono timore e paura. Sono una presenza minacciosa. Anche se Norman sembra una persona per bene e la sua chiacchierata con Marion sembra apparenetemente normale, noi che vi assistiamo siamo turbati dalla presenza di questi uccelli.
Istintivamente cominciamo ad intuire qualcosa, il senso di disagio cresce, anche Norman inizia ad innervosirsi.
Poi i due si salutano.
Siamo dentro la stanza di Marion, lei decide di andarsi a fare una doccia.
Entra nella vasca e tira la tenda. Apre l’ acqua.
E qui inizia lo spettacolo.
Hitch riprende Marion da varie angolazioni mentre si sta lavando.
Siamo tranquilli.
Il ritmo aumenta, si alternano immagini di Marion a immagini dell’acqua che esce dalla doccia. Sempre nuove angolazioni di Marion.
Poi un’inquadratura frontale della donna e vediamo un’ombra avvicinarsi da dietro la tendina della doccia. La macchina la centra e Marion esce dall’inquadratura. Il commento musicale ci mette in agitazione, la tenda si apre e vediamo il volto scuro di quella che sembra una donna alzare una lama.
Marion urla. La lama inizia a colpire.
A questo punto è solo montaggio, sempre più veloce, sempre più forsennato.
E’ un climax emotivo, è l’ apice della sequenza.
Il volto della donna è sempre sfuocato, quello di Marion contratto in un urlo continuo.
La vasca si riempie di sangue. Marion si affloscia, con le ultime forze si aggrappa alla tenda e la strappa.
Ed ora il capolavoro.
Primo piano dal basso del bocchettone della doccia.
Poi l’interno della vasca con il sangue che scivola verso il buco dello scarico.
Movimento dell’ acqua in senso antiorario mentre viene risucchiata.
Primissimo piano del buco.
Leggera sfumatura.
Passiamo all’occhio vitreo di Marion, con la macchina da presa che adesso si muove in senso orario.
Si allarga l’inquadratura e con un movimento la macchina da presa si sposta nell’altra stanza per inquadrare un giornale (dove c’erano i soldi) per poi proseguire ed arrivare ad una finestra da dove si vede la casa di Norman e si sente la sua voce dire alla madre che cosa ha fatto.
Hitch costuisce questa sequenza in maniera magistrale.
Dopottutto, è solo una donna uccisa in una doccia, niente di eccezionale.
Ma lui riesce a costuire una delle sequenze più famose e più copiate di tutto il cinema moderno.
La cosa che soprende è che la scena è semplicissima.
La cosa che sorprende è la sua perfezione.
Hitch sfrutta tutti gli elementi del linguaggio cinematografico. Si sofferma sui dettagli, costruisce il ritmo emotivo attraverso il montaggio, ci dice quando allarmarci con il commento musicale, ci fa antrare nella stessa velocità mentale in cui deve trovarsi l’assassino. Una velocità che non ti permette di pensare ma solo di agire.
Poi attraverso una serie di movimenti di macchina ci riporta alla realtà.
C’è stato un omicidio, i soldi sono ancora al loro posto, la voce di Norman accusa la madre.
E da qui parte un’ altra strada della storia che poi arriverà al suo tragico epilogo.
Il film è pieno di sequenze degne di essere studiate scena per scena.
Queste mi sembravano alcune delle più rappresentative.
Hitch costruisce la tensione e la paura e l’angoscia prima di tutto nello spettatore. Prima ancora dei personaggi siamo noi ad entrare in uno stato psicotico o paranoico o in qualuqnue cosa voglia Hitch.
L’immensa bravura di questo regista è nell’aver scoperto nel cinema un modo per condizionare lo spettatore. A volte, forse anche incosciamente, vengono toccate corde del nostro animo che vibrano di paura o timore mentre assistono ad alcune immagini.
Qui assistiamo a partiture per gli occhi e il cuore.
E non possiamo fare altro che rimanere a guardare e seguire il nostro Alfred dovunque abbia deciso di portarci.

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