Regia di Gianfranco Albano vedi scheda film
La parabola del sacerdote romano Pietro Pappagallo, che durante l’occupazione nazista diede rifugio a partigiani e perseguitati e che, una volta scoperto tramite una spia, venne ammazzato crudelmente dai tedeschi.
Una storia valida, un intento divulgativo più che onorevole, un protagonista caro al pubblico del piccolo schermo: La buona battaglia ha tutte le carte in tavola per essere una fiction televisiva di successo e anche la regia dell’esperto Gianfranco Albano, che già aveva raccontato le imprese di un altro prete eccezionale, don Pino Puglisi, in Brancaccio (2001), è una garanzia ulteriore in tal senso. Suddiviso in due puntate da cento minuti ciascuna, e come da prassi pubblicato anche in versione ristretta (circa la metà di durata), il film è l’occasione per conoscere meglio l’operato di un uomo esemplare, martire del nazifascismo come don Pietro Pappagallo; al netto delle solite infiorettature destinate ai prodotti tv, il lavoro funziona adeguatamente. Forse Flavio Insinna – pur bravo – non è l’interprete più convincente per questo ruolo, ma neppure compie gravi danni; al suo fianco tra gli altri vediamo qui Paola Tiziana Cruciani, Paolo Briguglia, Ana Caterina Morariu, Sergio Fiorentini, Ignazio Oliva, Ugo Dighero e Pierpaolo Lovino, con particine anche per Marisa Merlini e Ugo Fangareggi. Interessanti i crediti di sceneggiatura: Furio Scarpelli e suo figlio Giacomo; in effetti la costruzione narrativa è ben assestata. 4/10.
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