Regia di Alain Resnais vedi scheda film
Film difficile, come tutto il cinema di Resnais, "Providence" necessita di diverse visioni. Alla fine della prima visione lo rigettai come un pastiche molto sopra le righe, dai dialoghi inutilmente aulici, che non evitava perfino alcune volgarità gratuite. Tuttavia, bisogna considerare che si tratta di un viaggio nella mente umana, che le scene che ci vengono proposte per più di un'ora di proiezione sono elaborazioni della psiche di uno scrittore malato che immagina un romanzo di cui i protagonisti sono i suoi familiari più prossimi, dunque si tratta di un procedimento narrativo inedito e rischioso, messo a punto nella sceneggiatura dell'inglese David Mercer, di cui Resnais si appropria con un gioco di scatole cinesi ancor più vertiginoso di Marienbad. E' un cinema nobilmente intellettuale, effettivamente un po' verboso, ma se si compie lo sforzo necessario alla sua decodifica i piaceri che riserva non sono pochi; invita a riscoprire la figura di Mercer, scrittore teatrale che al cinema sceneggio' anche "Family life" di Ken Loach. E' il primo ed unico film di Resnais girato in inglese, con un titolo che si riferisce sia alla città americana di Providence che alla Provvidenza di manzoniana memoria; affascinante la fotografia di Ricardo Aronovich con un'illuminazione nettamente differente per le scene in interni e quelle girate in esterna. Nel cast bravissimo Dirk Bogarde, attore sempre di gran classe che prima rende il figlio Claude una figura insopportabile nelle varie scene immaginate, e poi nell'ultima parte "reale" lo mostra come figura umanissima; ottimo anche il contributo di Ellen Burstyn, attrice di notevole versatilità che anche in questi film più cerebrali portava il dono di un talento sempre fresco e originale, così come Elaine Stritch, attrice non particolarmente famosa da noi che io ricorderò sempre per la notevole interpretazione nel ruolo della madre di Mia Farrow in "Settembre" di Woody Allen. John Gielgud è il deus ex machina dell'intera operazione, ma appare in un numero piuttosto limitato di scene, mentre il pur bravo David Warner risulta leggermente in ombra. La colonna sonora di stampo hollywoodiano di Miklos Rozsa è il degno corredo di un film che rappresenta un'altra sfida vinta per il regista, per quanto io continui a preferire il barocchismo di "Marienbad" e la casta elegia di "Nuit et brouillard".
Approfitto di questa recensione per fare gli auguri di buon 2019 alla community, per un nuovo anno più cinefilo che mai.
voto 9/10
Providence (1977): John Gielgud, Ellen Burstyn, Dirk Bogarde, David Warner
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Resnais è un autore con cui ho un rapporto conflittuale. Ha girato delle autentiche perle come "La Guerre est finie" e altri lungometraggi che hanno separato pubblico e critica, tra cui "L'anno scorso a Marienbad", del quale, personalmente, pur riconoscendone l'originalità formale, non ne riesco a digerire la rigidità strutturale. Ma si sa che il cinema sperimentale a volte può non essere apprezzato da tutti. Devo ancora vedere questo "Providence", da te recensito dettagliatamente (come sempre). Buone feste anche a te Ste'!!
Providence è un film di grande fascino se si è disposti a compiere lo sforzo necessario per comprenderlo e seguirlo nelle svolte della trama immaginaria, che non è proprio semplicissimo. L'anno scorso a Marienbad per me è un capolavoro, ma è una pellicola ugualmente difficile, certamente sperimentale, quindi non proprio per tutti i gusti. Grazie per il commento e buon anno nuovo.
Bella rece Steano mi hai rinverdito il ricordo di un bellissimo vilmche mi turbò e poi volli dimenticare.
Grazie Anna, ti faccio i miei più cari auguri di buon anno nuovo
David Mercer è stato anche l'autore della sceneggiatura (adattata da un suo preesistente lavoro televisivo) di un altro interessante film oggi un po' dimenticato come Morgan matto da legare (Morgan - A Suitable Case for Treatment) diretto da Karel Reisz
Sì avevo letto qualcosa su Mercer sulla pagina di Wikipedia. Fra l'altro uno scrittore morto prematuramente. Visto che sei un grande esperto del regista mi interesserebbe un tuo parere, anche in due parole, sul film in oggetto
ho davvero poco da aggiungere a quanto hai già così bne detto tu su questo film che anche io considero uno dei capolavori del regista. Posso sottolineare dunque il fatto che anche qui a dominare l'opera è il tema della memoria reso però più complesso nella sua esplicitazione dal fatto che questa volta è intersecato dalle immagini che scaturiscono direttamete dalla mente del protagonosta (angosciato dalla vecchiaia e dai ricordi) e dalle figure di quel romanzo ancora in gestazione che sta tentamdo di scrivere. Qiesto è appunto il nucleo attorno al quale prende forma la struttura frammentata del film che Resnais orchestra non solo con molta abilità e perizia, ma anche con profonda sensibilita. Realizza insomma una sorta di work in progress in cui vengono rappresentati riflessioni, desideri e proiezioni del vecchio scrittore (la paura, la morte, la vecchiaia, la malattia, i rapporti familiari, il sesso) che servono al regista per imbastire (non tanto a latere) anche un discorso sul linguaggio e le sue funzioni, il tutto scandito dalle immagini dell'autpsia del vecchio ucciso all'inizio della pellicola, che prefigura la morte del protagonista. giustament hai parlato della forza delle immagini, l'accuratezza formale della "confezione (i controluce cupi del ricordo e le tonalità diverse (di luce e di colori magnificamente realizzare dlla fotografia di Ricardo Arnovitch, la bravura degli attori e l'efficace importanza della musica di Rozca che qui raggiunge davvero un felicissimo equilibrio nel suo rapporto con le immagini.
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