Regia di Alain Resnais vedi scheda film
Estrosa riflessione di Resnais sul processo della creazione artistica, dominato dalla potenza inventiva dell’artista/demiurgo, ed attraversata da una vena di fantasia (qui forse rappresentata dal calciatore in tenuta, che si intromette continuamente sulla scena) e non estranea a momenti di grande sofferenza fisica e psicologica. Qui, lo scrittore, un settantottenne con continui dolori addominali, causati probabilmente dai suoi eccessi alcolici, durante una notte insonne, progetta il suo prossimo romanzo con patimento, ma anche con un certo piacere sottilmente sadico, quello di giocare con il frutto delle proprie viscere, i suoi figli, che mette l’uno contro l’altro, a simboleggiare lo scontro insanabile ma imprescindibile della razionalità pragmatica (il figlio legittimo, uomo di legge) con l’astrazione scientifica (il figlio «bastardo», astronauta). In tutto questo, s’inserisce la passione amorosa, che può rischiare di far scombinare i piani, così come l’istituzione del matrimonio, o l’ambizione al successo, che può rendere l’uomo homini lupus (o licantropo), e così come le mille altre casualità della vita. Naturalmente, tutto ciò – sempre ammesso e non concesso che sia quanto Resnais intende – il regista non lo dice in maniera nitida e piana, ma secondo gli estri della sua insopprimibile fantasia. Il titolo dovrebbe riferirsi alla capitale dello Stato americano del Rhode Island, dove si svolgerebbe l’azione, ma nemmeno tale circostanza mi è così chiara.
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