Regia di Alain Resnais vedi scheda film
Providence è la città statunitense in cui è nato e morto H. P. Lovercraft, scrittore dell'orrore e del fantastico che negli ultimi anni della sua vita si era ritirato in una sontuosa villa dove vi morirà a causa di un cancro all'intestino. Si capisce subito qual è il punto di partenza di Alain Resnais, il quale prende evidentemente spunto dalla biografia dello scrittore statunitense per creare il deus ex machina del film, Clive Langhman, interpretato da Gielgud. Ma Resnais non si ferma qui, stratificando ulteriormente un discorso di arte che si confonde con la vita già parecchio denso: attraverso la fantasia di Langhman i personaggi del film si muovono e agiscono in una sorta di balletto fatto di rimandi, di cortocircuiti, di sovrapposizioni. Si crea così un ordine confusionario (mi permetto di usare l'antipatico ossimoro) che definisce legami e possibilità. Providence è un gioco composto da ingredienti rischiosi quali la metanarrazione, la psicanalisi, il fantastico, ma il cui risultato è perfetto proprio per i continui, ludici interscambi fra differenti realtà, fra l'arte e la vita e fra le diverse espressioni artistiche. Una totalita' espressa perfettamente nella panoramica a 360 gradi a due minuti dalla fine del film, che comprende la villa, i personaggi, il bosco (luogo fiabesco, sede nel corso del film di trasformazioni licantrope), per poi tornare alla villa e agli uomini, con un gioco di luci e ombre pregnante di significati. Agnès Varda una decina di anni prima aveva fatto qualcosa di simile con Les créatures: a lei il merito di aver tentato una tematica complessa, ma la riuscita, a parer mio, lascia decisamente a desiderare.
E' un attore con cui sono un tantino fissata. A lui le parole migliori del film (che si avvale di dialoghi esaltanti), pronunciate con un garbo malefico che suscita brividi e sorrisi. Sovrapposizioni, di nuovo.
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