Regia di Abdellatif Kechiche vedi scheda film
Sono arrivato alla visione del film con delle aspettative importanti e devo riconoscere che, fortunatamente, la pellicola di Kechiche non le ha deluse; mi sembra un ulteriore passo in avanti nella ricerca tematica e stilistica del regista che, fra l'altro, stavolta ci propone un'opera che non ha quasi nessun aggancio con la realtà degli immigrati tunisini in Francia, come era stato in quasi tutte le pellicole precedenti. E' una storia che si inserisce nel classico schema del "romanzo di formazione", come conferma il riferimento a "La vie de Marianne" di Marivaux e il titolo originale che parla di "chapitre 1 e 2"; ma è anche una storia sul potere destabilizzante della passione, sullo sconvolgimento interiore legato all'innamoramento e la battaglia per affermare un'identità "diversa" che pone la protagonista in contrasto con il gruppo dei pari (e la scena in cui Adèle viene schernita in maniera omofobica dalle sue compagne di liceo rimane una delle più forti del film). Il rischio era senz'altro quello del "deja vu", ma mi sembra che Kechiche lo abbia aggirato con notevole perizia registica: il film si mantiene quasi sempre vivo e palpitante per una lunga durata di tre ore, in misteriosa simbiosi con i moti dell'animo della sua giovane ed inesperta protagonista. Il massiccio ricorso alla macchina a mano, che non può non far pensare a certi film dei Dardenne come "Rosetta", insieme al frequente utilizzo di primi e primissimi piani che riempiono il formato panoramico sono gli stessi che lo spettatore aveva già apprezzato in "Cous cous"; ma rispetto a quel film mi sembra che ci sia una maggiore compattezza drammaturgica e che anche i lunghi e fitti dialoghi tipici del regista tunisino acquistino una maggiore funzionalità espressiva. Molte scene sono emozionanti perchè sembrano rubate alla vita vera, dalla scoperta dei primi turbamenti amorosi di Adèle al corteggiamento di Emma in un bar lesbico e poi in un parco, fino alla dura scena della rottura del rapporto e a quella straziante del tentato riavvicinamento fra le due donne in una tavola calda dopo alcuni anni; e se nella seconda parte si può avvertire a tratti qualche lungaggine, soprattutto nel percorso lavorativo di Adèle come maestra di asilo, resta il fatto che il film nel suo complesso risulta opera di estrema generosità e di sapiente scandaglio psicologico, ottenuto con uno stile estremamente meticoloso e disciplinato. Le scene di sesso lesbico esplicito mi sono sembrate giustificate nella particolare ottica della narrazione e mai imbarazzanti o fini a se stesse; è difficile giudicarne la naturalezza o l'artificialità che vorrebbe qualcuno, ma dovrebbe essere scontato che Kechiche non aveva bisogno degli allettamenti pruriginosi di un Tinto Brass e che la rappresentazione della sessualità in questo film rientra in un discorso molto più ampio sulla Donna presa nella sua individualità, sulla scelta di assumere un ruolo preciso all'interno della coppia e sul tentativo di arrivare ad una sofferta maturazione. Straordinario il contributo delle attrici, e in particolare di Adèle Exarchopoulos che fornisce una performance davvero incisiva e vibrante per essere una semi-esordiente, ma anche la più famosa Lea Seydoux si difende bene come Emma; fra i comprimari il giovane Jeremie Laheurte nel ruolo di Thomas, che risulta il vero fidanzato della Exarchopoulos nella vita reale. Essere riuscito a vederlo in un cinema parrocchiale della mia cittadina resta una piccola ma significativa soddisfazione: francamente non avrei scommesso sull'arrivo del film, e ogni tanto è bene potersi ricredere.
voto 9/10
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