Espandi menu
cerca
La vita di Adele

Regia di Abdellatif Kechiche vedi scheda film

Recensioni

L'autore

myHusky

myHusky

Iscritto dal 4 settembre 2012 Vai al suo profilo
  • Seguaci 47
  • Post 2
  • Recensioni 56
  • Playlist 2
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su La vita di Adele

di myHusky
9 stelle

Uno sguardo, un colpo di fulime tra le strade trafficate di Lille e poi l'inizio di un'intensa storia d'amore. 
Si mostra così, in breve, l'incipit narrativo dell'ultimo film di Abdellatif Kechiche, "La vita di Adele", vincitore del Festival di Cannes 2013. 
Questo per evidenziare, fin da subito, la scelta del regista franco-tunisino: una storia semplice, semplicissima, senza filtri e priva di giudizi.

Il film è, senza girarci troppo intorno, una storia d'amore: Adele, liceale diciassettenne innamorata della letteratura e dei bambini, sente il bisogno di innamorarsi, di trovare qualcuno di speciale. La sua prima occasione si presenta con Thomas, giovane studente del liceo scientifico e amante della musica. I due inizieranno una brevissima relazione, destinata ad interrompersi per colpa della stessa protagonista che sente di non essere abbastanza legata al ragazzo.
Sarà il casuale incontro con una ragazza dai capelli blu (nel bel mezzo di un attraversamento pedonale) che sconvolgerà definitivamente Adele. Emma (questo il suo nome) è una ragazza più grande, studentessa all'Accademia delle Belle Arti e amante della pittura, che ha quasi sempre preferito le ragazze ai ragazzi. Fra le due inizierà un'intensa e lunga storia d'amore, che porterà la nostra protagonista a crescere e a fare i conti, per la prima volta, con i suoi più profondi e veri sentimenti.
La pellicola è divisa in capitolo uno e capitolo due, riconducibili, rispettivamente, alla fase della nascita e della crescita della relazione e a quella della sua fine che sembra coincidere, anche, con l'arrivo della piena maturità.

Come ho già detto, quindi, una trama semplice e, in fondo, nemmeno tanto originale. Ma allora perché Kechiche ha fatto centro? 
Le ragioni sono molteplici e, per questo, mi limiterò ad illustrarne alcune, cercando di essere breve e il più chiaro possibile. 

Quello che colpisce principalmente, a mio avviso, è il modo in cui il regista ha scelto di raccontare (anche in senso strettamente tenico-stilistico) questa storia. Al di là dell'assenza di filtri e giudizi, come ho già detto prima, è notevole e assai apprezzabile la scelta di incentrarsi sui volti del personaggi. Diceva un tale, che portava il nome di John Ford: "Cosa possiamo riprendere? La cosa più interessante ed eccitante di tutto il mondo, un volto umano." Pare che il nostro Abdellatif l'abbia preso alla lettera. Per tutta la durata della pellicola ci vengono negati, in continuazione, i master shot, le ampie inquadrature: non vediamo per intero la stanza di Adele, non abbiamo una visione completa della classe del liceo, non ci rendiamo conto nemmeno delle zone della città e vediamo i corpi per intero solo in casi particolari e strettamente necessari.
Il dettaglio è tutto. Il volto è tutto, e il resto non importa. Per questo motivo ci si sofferma sulle lacrime delle due ragazze o sulle labbra della protagonista mentre dorme: perché il resto non è rilevante; il montaggio classico non renderebbe bene quei sentimenti e quelle sensazioni che qui, invece, sono rappresentati alla perfezione. Sembra che il regista ci voglia particolarmente attenti, non distratti dalle cose superflue, accessorie. La camera stessa è incollata ai personaggi e sembra vivere le loro stesse percezioni: il senso di smarrimento, di serenità o quello di disperazione. 
Paradossalmente le scene in cui ci vengono regalate le inquadrature più ampie sono proprio quelle che, in altre pellicole, sarebbero state montate in modo da far intravedere il meno possibile: i rapporti sessuali tra le due ragazze. Rapporti espliciti, certamente, ma non scandalosi; piuttosto, romantici. 

Al di là delle scelte stilistiche di qualità, ad accompagnare la trama ci sono quelle tematiche, mai scontate, che permettono alla pellicola di addentrarsi nella nostra attualità: la discriminazione sessuale, in primis (per mezzo delle pettegole compagne di classe della protagonista), ma anche, ad esempio, il mondo del lavoro. 
Grande merito anche alle due interpreti, Adele Exarchopoulos (mai nome fu più azzeccato) e Léa Seydoux, che si sono calate perfettamente nella parte, rendendo le due interpretazioni forti e intese. 

La vita di Adele è, quindi, la meritatissima Palma d'oro dell'ultima edizione del festival cinematografico francese e, senza essere ecessivi, il capolavoro di Abdellatif Kechiche. È una pellicola tanto semplice quanto complessa che non può lasciare indifferente lo spettatore. Guardando il film, in certe situazioni, mi è parso di ritrovare la grandezza di certe pellicole del cinema europeo (francese, in particolare) che hanno reso grande questa arte. Sarà stata solo un'impressione, probabilmente, ma poco importa: tanto, alla fine, si tratta sempre e comunque di finzione.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati