Regia di Abdellatif Kechiche vedi scheda film
La palma d’oro 2013 è solo un buon film, dalla lettura obbligatoriamente simbolica, in quanto dalla sua visione non emerge un forte coinvolgimento emotivo ma prevale un distacco che permette di individuare i meccanismi relazionali che muovono le protagoniste, l’innesco sentimentale che le anima ma che resta lontano, avvolto da una fredda e amara consapevolezza che vorrebbe indurre alla riflessione e al ripensamento. La vita di Adele è un anima divisa in due, una riguarda la costruzione della personalità di Adele, l’altra parte si traduce nella decostruzione del rapporto amoroso che pur rappresentato con estremo realismo si imbriglia in un certo compiacimento che non fa decollare completamente la vicenda. Il film narra della turbolenta relazione fra due ragazze, la genuina Adele, aspirante maestrina, con Emma pseudo artista bohemien, il loro legame tormentato comprende la possibilità di come l’essere umano percepisce la natura dell’amore, se possa portare ad un’evoluzione, ad una trascendenza che non comprenda solo il semplice soggetto amato, ma che in una visione universale del suo sguardo possa armonizzare e regolare l’esistenza. Il personaggio di Adele è semplice e spontaneo, il regista Kechiche lo gestisce sempre tendenziosamente verso l’approvazione e la comprensione del pubblico e all’interno della coppia appare il più esposto alle convenzioni sociali, debole e ferito di fronte alle proprie contraddizioni. Emma invece è completamente ripiegata sull’arte e sulle sue possibilità di realizzazione, però tutto ciò che si ramifica al di fuori del loro rapporto fisico si traduce in una via di fuga, nell’impossibilità e nella consuetudine. Il personaggio di Emma appare complesso e proprio per come programmaticamente è stato strutturato andava meglio approfondito e seguito e non abbandonato al mistero. La regia invece sceglie la più prevedibile Adele che segue il copione amoroso più classico limitando e circoscrivendo quelle divagazioni affettive che invece perseguitano anima e corpo di Emma. L’etichettatura scandalistica per la scabrosità di alcune scene di sesso non contribuisce affatto a penetrare ulteriormente nella materia del film, la passione che trasuda dalle immagini rimane confinata lì e non si espande verso chi guarda. Non ultima rimane la spiacevole sensazione che usare una storia omosessuale abbia aumentato quell’aurea di interesse sul film, strumentalizzandone fortemente la ricerca dei suoi significati che nelle intenzioni apparivano più ambiziosi.
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