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La vita di Adele

Regia di Abdellatif Kechiche vedi scheda film

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La recensione su La vita di Adele

di supadany
8 stelle

Opera che rappresenta un ulteriore conferma, o salto di qualità a seconda dei punti di vista (sicuramente lo è stato a livello mediatico), della prestanza di Abdellatif Kechiche che in quasi tre ore affronta l’adolescenza, con le sue scoperte a volte inaspettate, e quei naturali passaggi che portano ad uno stadio successivo.

Mentre le sue amiche di scuola affrontano con apertura (ed un po’ di approssimazione) le esperienze sessuali, Adele (Adele Exarchopoulos) di fronte alla prima vera occasione con un ragazzo scopre di avere bisogno di qualcosa di diverso per sentirsi completa e quando incrocia per la prima volta per strada Emma (Lea Seydoux), una ragazza dai capelli blu, se ne sente incredibilmente attratta.

Trova l’occasione per incontrarla e conoscerla, tra le due comincia una storia d’amore che l’assorbe completamente tanto da non sentire quasi più il mondo attorno.

Il tempo passa, le due vivono ormai insieme e la vita le mette di fronte alle dinamiche che non sempre portano gioia.

 

Adèle Exarchopoulos, Léa Seydoux

La vita di Adele (2013): Adèle Exarchopoulos, Léa Seydoux

 

Fin dalle primissime battute Kechiche s’incolla alla figura della giovanissima Adele (un vero e proprio colpo di fulmine la presenza di Adele Exarchopoulos) con primi piani continui che danno pieno risalto soprattutto a tutto l’arco emotivo sentimentale che la travolge completamente senza nessuna possibile barriera da interporre tra lei e quanto le accade.

Un opera di naturale scandaglio della scoperta della sessualità e successivamente, ma anche contemporaneamente, della vita stessa, in pratica una visione tridimensionale (per profondità) dei sentimenti e delle pulsioni che si mescolano tra i piccoli e grandi anfratti della vita con lacrime, gioia e dolore che capita raramente di vedere sgorgare in maniera tanto sincera.

Ed in questo modo ci sentiamo quasi lì in mezzo a loro, ci sono momenti (penso per esempio al pic nic quando nel loro vociare irrompe improvviso il silenzio e la telecamera si sposta sui diversi colori della natura che circonda le due ragazze) nei quali ci si sente per un attimo, o anche più, scivolare, o proprio persi, nella situazione.

Il sesso esplicito diviene in questo modo atto assolutamente necessario e realmente goduto, la prima scena, l’unica di durata cospicua (insomma Kechiche non ci ha marciato come qualcuno poco benevolo lo ha accusato di fare), rimarrà scolpita per intensità ed emotività.

Tutto questo raccontato in due capitoli consequenziali (i primi novanta minuti destinati alla scoperta dell’amore, i secondi a quello che la vita adulta spesso comporta), tra i quali il primo si distingue per bellezza (un’esperienza quasi sensoriale), mentre il secondo forse accusa una maggiore “meccanicità” (almeno rispetto a quanto visto in precedenza) dei gesti, ma non per questo perde di sostanza (bella per esempio la chiusura con quel “sliding doors” per cui andare a destra o a sinistra all’uscita da una porta può cambiare tutto)

In ogni caso quasi non ci si accorge della durata decisamente cospiscua (anche se a ben vedere qualche scena poteva anche essere tagliata senza causare perdite), così, come la vita ci scappa via con un battito di ciglia, anche la pellicola arriva ai titoli di coda senza quasi che ce se ne possa accorgere.

Per il resto sono da segnalare alcuni aspetti già visti nel cinema del regista franco tunisino come la ricorrenza del cibo (meglio vederlo a stomaco pieno) e delle musiche, che questa volta vanno ad abbracciare le sonorità più disparate, a condire e speziare le tre ore di film.

Opera quindi significativa, un tipo di cinema, ma anche di metodologia di racconto e rappresentazione, che si pone su direttive diverse pur raccontando semplicemente la vita e vedendolo si può capire il perché dell’amore sperticato di Spielberg, che ha ammesso di sentirsi addirittura privilegiato per averlo potuto premiare a Cannes 2013 col premio più ambito, nei suoi confronti.

Tremendamente pulsante.

 

Abdellatif Kechiche

Altro tassello personale di un regista dotato di un occhio e di un talento particolare.

La "sua" Adele ce la ricorderemo per tanto tempo. 

Léa Seydoux

La figura di Adele rischia, ed in parte così è, di metterla in ombra, ma anche il suo apporto risulta considerevole, soprattutto nella prima parte.

Brava.

Adèle Exarchopoulos

Vero e proprio colpo di fulmine, presenza di straordinario impatto, certo la guida è stata ottima, ma senza la sua più totale partecipazione (e vale la pena ricordare come sia solo poco più di una ragazza) il film non sarebbe riuscito allo stesso modo.

Salim Kechiouche

Nei panni del ragazzo aspirante attore che vorrebbe approfondire la conoscenza di Adele.

Più che sufficiente.

Jérémie Laheurte

Nel ruolo della controparte della prima avventura etero di Adele.

Sincero e naturale.

Alma Jodorowsky

In fondo è il suo personaggio ad aprire gli occhi di Adele.

Adeguata.

Aurélien Recoing

E' il padre di Adele, di lui sappiamo soprattutto che è un asso a cucinare gli spaghetti.

Benjamin Siksou

Nel ruolo del collega col quale Adele si lascia andare.

Sandor Funtek

Volto piuttosto incisivo, almeno per la (piccola) parte che gli compete.

Aurelie Lemanceau

Più che sufficiente.

Karim Saidi

Sufficiente.

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