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The Lego Movie

Regia di Phil Lord, Chris Miller, Chris McKay vedi scheda film

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La recensione su The Lego Movie

di ROTOTOM
9 stelle

Un divertentissimo inno alla diversità sospeso tra Matrix e Il signore degli anelli, passando da The Truman Show e Transformers, irrorato da un’ironia irriverente, citazionista e un po’ folle.



Mattoncini colorati che grazie agli incastri riescono a formare costruzioni anche complesse. Nessuno va in un negozio di giocattoli a dire ‘sta roba. Basta dire Lego, e ci si comprende immediatamente.

Un gioco da bambini? Non proprio, la peculiarità del Lego è che pur essendo un gioco strutturato, l’assoluta libertà delle combinazioni dei mattoncini di ogni forma e misura copre uno spettro infinito di possibilità. Il Lego è capace di ricostruire un mondo intero. Ed è quello che succede nel film.

 

Un film per bambini? Non proprio. The Lego Movie è un film più complesso di ciò che ci si aspetta. Creato da Phil Lord, Chris Miller, Chris McKay  già realizzatori delle figure in plastilina di Galline in fuga animate a passo uno, The Lego Movie è un film che sviluppa la sua storia andando a pescarne il senso nell’intima  essenza  del gioco. L’assoluta libertà della combinazione di elementi del mondo Lego viene messa in pericolo da un despota, il Presidente Business, le cui mire totalitarie intendono limitare la mutevolezza della “vita” Lego, in un immobile diorama decorativo.

 

La storia vede l’uomo comune, un operaio di nome Emmet, abitante a Bricksburg (il classico omino giallo Lego) che in nome di una oscura profezia si ritroverà ad essere il liberatore del suo mondo artefatto, oppresso da un’ asfittica messe di regole e inquadramenti echeggianti i totalitarismi distopici di Brazil di Gilliam o di The Wall di Alan Parker.

La critica alla società contemporanea è lampante nell’appiattimento sistematico delle menti degli abitanti di Bricksburg. bombardati da futilità a scopo lenitivo, bloccati in un incasellamento sociale ossessivo, incapaci di scegliere altro  rispetto a quanto proposto da un Potere subdolamente servente in cambio di una sterile compostezza intellettuale.  In questo contesto, tra animazione a passo uno e computer grafica, la storia sfoggia un ultra citazionismo di tutto il materiale cinefilo dei film d’azione e fantasy della storia recente, rielaborandolo però in chiave umoristica, dissacrante e – perché no – intelligente. Nota di merito per i dialoghi, mai banali, sempre sostenuti da un’ironia tagliente e  battute fulminanti che costituiscono, per una volta, un’ossatura credibile per il sostegno dell’intera storia del film.

 

Matrix si fonde con La Compagnia dell’Anello, in una società da The Truman Show dove supereroi e Transformers si rimpallano la scena. Compaiono molti personaggi ritratti con sana ironia e dileggio, il senso ultimo dell’esistenza dei mondi costruiti in Lego, che come ogni mondo ha un suo creatore da ricercarsi nel Mistero della Creazione, qui ha un importante aggancio alla realtà nella quale la fantasia è motore generatrice di ogni aspetto della vicenda e metafora degli aspetti narrativi dell’avventura dell’omino  Emmet.

Di più non è necessario dire ma uno spettatore un po’ sgamato ad un certo punto avrà la sensazione di capire cosa in realtà stia succedendo nei fantasiosi mondi del Lego.

 

In questo rimpallare di senso tra realtà e fantasia trova giustificazione ogni aspetto del film. Il totalitarismo che impone ordine in un mondo che di per sé è connotato da un caos creativo e generatore di vita;  la vita dei personaggi ritratti sempre in modo ironico – Superman e Batman che evitano il “collega” sfigato della DC Comics, Lanterna Verde - ; gli oggetti della vita reale prendono una forma diversa e misteriosa nel Lego Word mentre una patina vintage ricopre tutta l’operazione, un impianto retro futuribile che inquadra le sensazioni fanciullesche della creazione a mano libera delle costruzioni in un contesto fantascientifico mutuato dalla tecnologia contemporanea.

La particolarità del film è che è un immenso product placement delle possibilità Lego, con straordinari colpi di genio (quando il personaggio di Lucy, che “vede” una sorta di matrice come se fosse Neo, costruisce oggetti, sullo schermo appaiono i numeri di serie dei pezzi speciali dell’azienda Lego) e una trasversale capacità di mutuare in Lego mood le icone pop cinematografiche, televisive e promozionali, entrate stabilmente nell’immaginario collettivo.



 

The Lego Movie vanta una realizzazione tecnica impeccabile, un ritmo narrativo elevato sorretto da una visione action ma senza mai farsi eccessivo e invadente. Il quadro è densissimo di riferimenti, particolari, scene in secondo piano, tanto da meritare una seconda visione consapevole mirata a godere del diluvio dei tanti piccoli colpi di genio che proprio il mondo parcellizzato e multiforme del Lego è capace di creare.

 

I bambini si divertiranno un mondo per la semplicità della storia in se’ e per i personaggi ottimamente caratterizzati ma gli adulti si divertiranno ancora di più per la messe infinita di riferimenti ad una cultura pop-cinefila qui allegramente smontata e rimontata con la leggerezza divertita che anima chi ha la fantasia per mettersi lì e svuotare il *bidone di Lego  sul tappeto e creare per una volta un proprio mondo se non ideale, almeno diverso.

 

 

*Il bidone di LEGO. Divagazione:  scollegandosi per un attimo dal film è però chiaro un conflitto etico e un’ambiguità contraddittoria che anima la storia e il suo messaggio dalla realtà commerciale del fenomeno Lego.  
Chi abbia figli e si sia confrontato con i mattoncini Lego odierni non potrà non notare come il gioco si sia con il tempo strutturato sempre di più limitando di fatto il grado di libertà dei bambini, condizione in netto contrasto con quando millantato dallo spirito del film che invece inneggia ad una libertà creazionista totale. In effetti i personaggi del mondo Lego del film hanno, in qualità di abitanti di quel mondo, la facoltà innata di comporre fantasiosamente qualsiasi cosa che ovviamente funzionerà in quanto oggetto del mondo Lego. Prerogativa dei bambini, che uniscono due mattoncini e questa diventa un’astronave in grado di volare.

Questo concetto naturale, è castrato dalle confezioni Lego che forniscono i mattoncini e i pezzi speciali adatti a costruire il soggetto presente sulla confezione. Non un pezzo di più, non uno di meno. Il bidone di Lego con i pezzi classici non dico che non esista più, ma sicuramente non si vende con facilità preferendo incasellare l’espressione creativa del fanciullo in più rassicuranti figure da prendere a riferimento.  

 

La sensazione avvertita uscendo dal cinema con mia figlia tra gli altri bambini presenti, è stata quella di averli avvertiti tutti come degli omini Lego Emmet, pronti ad obbedire alle imposizioni di un qualsiasi Presidente Business della LEGO®,  allo scopo di ottenere  una facile, pronta, indolore (la creatività a volte è sofferta) soddisfazione dalla fruizione controllata dei mattoncini. I pezzi sono talmente speciali da non adattarsi più ad un’astrazione intellettuale e creativa capace di trasformarne il senso. Rimangono quello che sono, con la funzione ad essi imposta. Peccato.

 

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