Regia di Sergio Martino vedi scheda film
Lasciato dalla moglie, Gianni decide di 'rimettersi sul mercato' e scopre con gran stupore di poter conquistare facilmente uno stuolo di belle donne. O almeno così a lui pare...
Puro trash, ma nemmeno troppo spinto: Provare per credere è una commediola grottesca e barzellettistica nello stile del cinema nostrano del decennio precedente, con tanto di belle donne seminude e sogni di scappatelle, ma a conti fatti il lavoro non precipita più di tanto in basso, sfoderando anche qualche gag meno imbarazzante del prevedibile. Siamo nel 1987 e Sergio Martino, nome di sicuro valore dietro la macchina da presa, accetta questa commissione berlusconiana con vaghe promesse di sbarcare sul grande schermo; naturalmente però il film avrà tutt'altra destinazione, ben più modesta, e cioè la trasmissione televisiva sulle reti Fininvest (poi Mediaset). Va benissimo così, visto il livello modesto della pellicola, e soprattutto considerando che il cast è composto per lo più da volti celebri dello schermo domestico: a parte Gianni Ciardo (e a Ennio Antonelli, in una particina) compaiono qui infatti Pamela Prati, Tinì Cansino, Gegia, Patrizia Pellegrino, Maurizio Mattioli e soprattutto Guido Angeli che in quegli anni aveva lanciato lo slogan che dà titolo al film come motto del mobilificio Aiazzone. Un tormentone talmente potente che il presentatore aveva persino inciso un 45 giri con il medesimo titolo, canzone che peraltro fa da sottofondo ai titoli di testa del film. Inutile infierire sulla sceneggiatura (del regista, Giorgio Mariuzzo e Maria Perrone Capano) che si limita a imbastire una storiella leggerissima su basi prevedibili e prevedibilmente ridanciane, senza troppa profondità. Considerando come si sia in seguito andati a ripescare a piene mani dal trash anni Settanta e Ottanta per rivalutarlo o quantomeno celebrarlo, rimane incomprensibile l'oblio in cui Provare per credere è rimasto fino a oggi (2024). 3/10.
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