Regia di Richard Shepard vedi scheda film
Un uomo che non ha più scelte, ha tutte le scelte del mondo.
Che vuol dire, ci si chiede (anche nel film)?
Una risposta verrebbe anche, ma come un po’ tutto il film di Richard Shepard, non è che le spiegazioni brillino per le opzioni, dando luogo a un altro epigono pulp sorretto, per quanto possibile, dal personaggio bigger than life di Dom e dall’interpretazione di Jude Law.
Dopo dodici anni di prigione, Dom (Jude Law) riassapora la libertà, pregustando il denaro che Ivan (Demian Bichir) gli deve per il suo silenzio.
L’incontro tanto atteso però non va nel verso giusto, nessuna buona stella sembra brillare per Dom anche perché sua figlia (Emilia Clarke) di lui non vuole più saperne nulla.
Dom si ritrova con le spalle al muro, ricominciare tutto daccapo sembra proprio impossibile, ma proprio quando tutto sembra irrecuperabile, si possono aprire delle nuove porte.
Richard Shepard scopiazza a destra e a manca dando luogo ad una storia scarsamente amalgamata e discontinua, al di là del personaggio di Dom che è ultra caratterizzato per quanto, tra descrizioni e dialoghi sopra le righe (che non peccano nemmeno in fatto di gratuità), non mostri di provenire da un pozzo d’idee.
I vari corpi dell’azione, la trasferta in Francia, la scommessa con un giovane boss del malaffare e il rapporto con sua figlia, hanno sempre qualcosa che non va; poco credibile l’esito del primo, accantonato alla leggera il secondo, abbastanza anomalo il terzo ma senza grandi moti umani.
Rimane il personaggio di Dom, irascibile e smodato, pronto a recuperare dodici anni, durante i quali tanto è cambiato, in poco tempo e per questo dilaniato da alcol e droghe prima di subito, l’obiettivo economico ben chiaro in testa, ma all’occorrenza si ricorda del passato, in ogni caso non rinuncia mai al malaffare se si presenta l’occasione propizia.
Per chi apprezza Jude Law, è l’occasione consona per vederlo in un ruolo diverso, un personaggio eccessivo e bieco che non si pone ragionevoli limiti e l’interprete londinese si lascia letteralmente andare, anche fisicamente risultando credibile.
Al resto del cast non vengono invece lasciate grosse opportunità; Richard E. Grant ha comunque un look che non passa inosservato (tra occhiali evidenti e la mano sinistra mozzata), Demian Bichir non è molto fortunato, Emilia Clarke non viene sfruttata e troviamo, a random, una bellissima Madalina Ghenea.
Un film parecchio lacunoso, che, oltre per l’impatto di Jude Law, si fa notare per una fotografia dai colori accesi con una spiccata predilezione per il rosso e per alcuni confronti iper infervorati, ma poi c’è sempre qualcosa fuori posto o che non fila come dovrebbe fare in un racconto che fosse ben redatto.
Miscuglio sbiadito.
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