Regia di Jim Jarmusch vedi scheda film
Vabbè dai, la fisica quantistica è per i geni che si alzano all'alba, bramosi di scalfire col gessetto la lavagna lasciata, con riluttanza, poche ore prima per un breve sonnellino, e desiderosi di tornare, tonici ed illuminati, nelle loro aule zeppe di formule, per ricostruire un altro pezzo del mosaico che compone l'universo. Pur tuttavia lasciamoci rapire, noi poveri mortali, almeno per una volta, dalle eco lontane dell'astruso concetto della "Spaventosa reazione a distanza" che tanto fece scervellare Albert Einstein ed i fisici dopo di lui. Due particelle intrecciate e poi separate ai capi opposti dell'universo, subiscono entrambe lo stesso destino qualora una di essa sia sottoposta a delle alterazioni, tutto ciò in barba alla distanza che le divide. Fascinoso. Se declinata da Jim Jarmusch, per assecondare i propri fini poetici, l'essenza di detta teoria assume quell'alone di romantico attaccamento che mantiene gli amanti, separati dalle avversità del fato, profondamente legati nel reciproco amore. Eve ed Adam sono particelle lontane ma quando lei sospetta che dietro al silenzio di lui ci sia un malessere interiore non esita a lasciare Tangeri e prendere un aereo per Detroit, nel tentativo di aiutare il marito a superare l'empasse presagita. Fin qui si potrebbe etichettare la vicenda come una storia d'amore al limite dell'ordinario se non fosse per la distesa d'acqua che separa l'Africa dall'America nel mantenere fisicamente separati i due amanti. Ma con Jim Jarmusch in cabina di regia è lecito dubitare di tale ovvietà ed infatti al primo sorso della bevanda inebriante e rigenerante, che Eve e Adam assaporano lentamente, si apre il sipario su una nuova e surreale recita di canini affilati e cockail "RH negativo" composti dal più ricercato degli ingredienti. Adam ed Eve sono vampiri innamorati: ancora una volta nulla di nuovo anche se l'amore impossibile tra umani e vampiri ha occupato più spazio nella letteratura di genere di quanto ne abbia ricevuto la passione tra ammorbati dal virus dei denti affilati. Jarmusch, in realtà, non ha rinunciato a rimodellare la materia lavorando sulla caratterizzazione dei personaggi che tende, infatti, a sfuggire alla rappresentazione truculenta e sanguinosa a cui siamo abituati. Niente croci, paletti di frassino e teste d'aglio anche se i nomi, altamente simbolici, affondando le radici nella tradizione giudaico-cristiana nemica del vampirismo, sembrano suggerire un'antica umanità che il peccato di superbia ha tramutato in un eterno stato alterato. Una condizione immutabile che solo la mancanza di nutrimento può mettere fine.
I personaggi interpretati da Tilda Swinton e Tom Hiddleston sono i biblici progenitori cacciati dalll'Eden per aver profanato l'albero della conoscenza del bene e del male in un atto di sfida anziché di sottomissione. Non ancora dimentichi di quel gesto i nostri personaggi si cibano anzi della conoscenza quanto della materia dimostrando acume nelle scienze quanto nelle arti. Eve scorre velocemente le pagine dei libri e sembra ricordare versi e lingue come ogni essere umano desideroso di conoscenza anela nel profondo; Adam compone versi e musiche da secoli e tramanda il proprio talento regalando il proprio lavoro ad altri fortunati artisti dotati del dono della mortalità; l'amico vampiro Christopher Marlowe, sulla cui centralità ritornerò più innanzi, è colui che sta dietro ai versi dell'enigmatico Shakespeare.
Jarmusch ha ingentilito i suoi personaggi condannandoli ad un'eternità senza giardino ma ricca di conoscenza e di amore. Proprio l'amore oltre alla ricerca dell'onniscenza sembra essere il motore che permette la sopravvivenza ai due amanti anche nel momento in cui devono optare per la morte od un'atroce sopravvivenza; Adam ed Eve sono esseri eletti pur nel decadimento del loro status creazionista mentre gli esseri umani sono accumunati a zombie, le cui gesta sono influenzate dall'avidità ("hanno già iniziato a farsi guerra per l'acqua?"). Lo stato mortale, anzi, si mantiene inalterato nonostante il morso che li trasforma nella stessa materia di Eve ed Adam. L'uomo-vampiro rimane ancorato alla sua natura meschina che nessun salasso riesce a modificare. L'amore, a contrario, è nutriente e gratificante, tiene insieme gli amanti e ne influenza i comportamenti come una dolce alterazione che colpisce una particella causando lo stesso effetto sulla gemella lontana. Adam e Eve girano intorno all'amore e alla vita. Jarmusch ce lo anticipa fin dalla illuminante sequenza iniziale con la macchina da presa che in modo alterno inquadra l'uomo e la donna con un perpetuo movimento circolare, che si potrebbe accostare a quello di un elettrone attorno al suo nucleo, mentre costoro giacciono su di un letto e su di un divanetto ad assaporare il loro calice di immortalità. Se l'amore è vita la mancanza d'amore è morte. La morte è oblio e, a quello, il vecchio e spento Marlowe ricorre dolente. "Non c'è più roba buona per me" sussurra al proprio capezzale. Forse il malinconico vampiro è il Dio fondatore, disilluso dall'umanità che non ha mai ricambiato l'amore del proprio creatore.
Chili Tv
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