Regia di Jim Jarmusch vedi scheda film
Adam ed Eve sono sposati da 150 anni, vivono in città diverse del mondo e...sono due vampiri. Studiosa di letteratura lei, di musica e tecnologia lui, possono contare su di una indefinita disponibilità economica che gli consente di provvedere tanto ai bisogni del corpo quanto a quelli dello spirito, intrattenendo limitati rapporti con umani compiacenti o interessati e vivendo una vita ritirata e quasi ascetica. Quando lei,che vive a Tangeri, decide di recarsi a far visita al suo amato,che vive a Detroit, si materializza nella loro vita la presenza scomoda e invadente della scapestrata sorella Ave che manda a monte la speranza di un tranquillo menage coniugale nella città americana e li costringe a riparare a Tangeri. Qui però li attende la triste notizia dell'agonia terminale del loro caro e vecchio amico Chistopher Marlowe, famoso drammaturgo e poeta elisabettiano e loro unico procacciatore di emazie.
Come sempre ondivago e ipnotico nel suo incedere attraverso la metafora di un esistenzialismo un pò eccentrico e stralunato, Jarmusch ci consegna l'ennesima storia di fantasmi umanissimi che si spostano, tra nichilismo e sprezzo del ricolo, nei territori indefiniti di realtà sensoriali e di esigenze corporali che traguardano tanto il destino ultimo di esseri condannati alla morte e al disfacimento ("Che gran bella cosa è un uomo!...Che sono queste conoscenze di polvere?") quanto quello di uno sterminato patrimonio umanistico e sapienziale inevitabilmente votato all'obsolescenza ed all'inutilità. La prospettiva da cui intercettare questo sentimento di pietà e di condiscendenza verso un mondo di 'gente morta che cammina' è al solito presa a prestito dall'imperituro mito ottocentesco del vampiro, figura letteraria e paradigmatica che ben si adatta alle molteplici declinazioni cinematografiche di un immaginario filosofeggiante caro a Jarmusch, laddove la sublimazione delle grandi tematiche legate alle passioni ed alle conquiste della civiltà umana (l'amore, la cultura, la scienza, la tecnica) sono svincolate finalmente dalla angusta dimensione una limitata prospettiva temporale per dilatarsi nella disincantata consapevolezza di una elite di esseri superiori più propensi all'ascetismo eremitico di nuovi profeti della modernità che alla minacciosa protervia di creature sanguinarie votate al dominio ed alla conquista di un nuovo Regno del Male (cit. Stoker).
Puntando sulle ambientazioni urbane e crepuscolari e sull'eleganza di una messa in scena in grado di dilatare i tempi di una narrazione che si svolge al più in un paio di giorni, Jarmusch ci presenta una dimensione sospesa tra modernità e tradizione abitata da creature della notte che assomigliano ad eleganti e sensuali dandy metropolitani che hanno trovato il modo di procacciarsi il nutrimento in modo incruento e pacifico e che coltivano con moderata passione tanto le esigenze dello spirito quanto quelle della mente, mostrando una irresistibile predilezione per la pop music degli anni '70 ('Trapped by a little thing called love' di Denise LaSalle), la fisica quantistica e gli strumenti a corda.
4
Non ostante i buoni propositi ed alcuni siparietti divertenti, il film di Jarmusch appare afflitto da una insostenibile leggerezza formale che confonde spesso e volentieri ironia ed esistenzialismo e da una certa inconcludenza narrativa che non dà alla storia una direzione precisa e definita, mantenendola nel limbo incerto tra favola morale e racconto sentimentale, tra apologo sul destino transeunto del mondo e metafora sul valore soggettivo del tempo, tra ricercatezze kitsch e comicità involontaria (le discussioni sul Bardo fatte a 'bordo vasca' piuttosto che la venerazione incondizionata del genio incompreso di Tesla(?)). Si passa così dal mito sapienziale di moderni 'Nosferatu' con tanto di fedeli discepoli mortali stile 'Mr Renfield' (con annessi piagnistei al capezzale del poeta morente) a quello esegetico di una novella coppia di esseri primigeni che, come i loro omonimi di biblica memoria, cedono alla tentazione di un peccato originale che fa affondare i loro canini sul collo voluttuoso e innocente di teneri amanti (Dracula,si sa, cerca sempre sangue di vergine), a dimostrazione che la natura sanguinaria e istintiva dell'uomo prevale sempre sulla sua componente più razionale ed evoluta, nel tramonto ineluttabile dei falsi ideali di civiltà e di progresso che hanno da sempre accompagnato la Storia del Genere Umano. Quando si dice predicare bene...
Presentato in concorso alla 66ª edizione del Festival di Cannes arruola i soliti volti noti del cinema di Jarmusch come John Hurt e Tilda Swinton (più algida e sensuale che mai) ed altri meno noti come Tom Hiddleston e Mia Wasikowska, non riuscendo tuttavia a seminare, nella giuria della kermesse rivierasca, il dubbio ancorchè lontano di trovarsi di fronte ad un indiscutibile capolavoro.
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