Regia di Jim Jarmusch vedi scheda film
A volte rimordono.
Amanti attraverso i secoli, Adam e Eve giungono ai giorni nostri depositari di enciclopedico sapere e ormai disillusi nei confronti di un’umanità in degrado inarrestabile. L’antica e disdicevole abitudine di azzannare gli umani al collo è stata abbandonata grazie alla possibilità di procurarsi illegalmente sacche di sangue dagli ospedali così la loro abulica esistenza si protrae tra ricordi di tempi migliori e i suddetti problemi di “approvvigionamento”.
Figure appartate e malinconiche, i vampiri intellettuali di Jarmush nascono dal gusto, dalle passioni e dal carattere di un demiurgo d’eccezione, che costruisce attorno a loro un familiare disordine ipersaturo di oggetti vintage, in una cornice desolatamente postindustriale (Detroit) o mollemente suadente (Tangeri). Il motore primo del film, e anche il suo principale punto di forza, è proprio questa trasfusione (trasfusione, appunto...) dell’eclettica personalità del regista nei due esangui protagonisti: raffinato visivamente, ironico e metaforico “Only lovers left alive” coglie e rappresenta una dimensione di estraneità e non-appartenenza al mondo propria non solo delle creature non-umane ma anche e soprattutto di quelle umane che non si riconoscono completamente nella realtà. E, anche se molto soggettiva, tale rappresentazione non pecca di idealismo perchè, pur onorando il legame d’amore tra Adam e Eve e soffermandosi spesso sull’anemica bellezza dei due corpi avvinghiati, non dimentica che il momento veramente estatico è quello dell’assunzione del sangue, gesto primordiale che procura insieme il piacere e la sopravvivenza.
Pur considerandone la particolare natura di proiezione di una mente immaginifica e estremamente colta, nella sua interezza il film non gode di perfetto equilibrio a causa dello sbilanciamento fra aspetto descrittivo e aspetto narrativo, a netto discapito di quest’ultimo. La sensazione è che 120 minuti siano tanti per un film che nasce soprattutto da un’idea di personaggi che, per quanto iconici e fascinosi (Eve più di Adam, a dire il vero), si animano al soffio vitale di Jarmush ma poi sembrano voltarsi verso il loro creatore in attesa di istruzioni su come procedere. Infatti, dopo la presentazione iniziale, il film di fatto si protrae soffermandosi su scene fortemente iconografiche ma anche statiche e compiaciute, che sembrano non curarsi troppo dell’esistenza dello spettatore (solo un esempio: durante la scena della discesa di Adam e Eve dalle scale dopo la morte di Marlowe, lungamente esibita al ralenti, si percepisce chiaramente l’ingombrante presenza della macchina da presa). In questo senso l’irruzione in scena di Ava, la sorella/cognata indisciplinata e istintiva, risulta necessaria ma non sufficiente a conferire un minimo di spessore alla storia: la sua funzione è evidentemente quella di agitare le acque, ma più che indurre una vera e propria progressione narrativa la “ragazza” entra ed esce dal film come innesto funzionale, rimanendone in fin dei conti piuttosto estranea.
Come accennavo la figura di spicco è indubbiamente quella della vampiressa Eve interpretata da Tilda Swinton che, dotata di carisma ben superiore a quello del suo amante, contribuisce alla definizione della coppia per ben più di metà. Meno affascinante, a mio parere, lo spiritato Tom Hiddleston. Il personaggio della sorellina Ava, più casinista e rompiscatole che ambigua, non mi sembra valorizzi l’umore noir che la Wasikowska (ottima scelta peraltro) ha ampiamente dimostrato di possedere: a mio parere l'attrice non va forzata su un registro bizzarro e grottesco ma va invece lasciata libera di esprimersi nella sua naturale e laconica ombrosità, già emersa perfettamente in film come “Stoker” e “Maps to the stars”.
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