Regia di John Curran vedi scheda film
Ripercorrere la vera traversata di Robyn Davidson non era compito facile. Le difficoltà erano infatti molte: bisognava, innanzitutto, concentrarsi sulle difficoltà più emotive che fisiche affrontate dall’allora giovanissima “viaggiatrice solitaria”. Correva l’anno 1977, quando a dispetto del maschilismo imperante di allora e a un’infanzia non di certo facile segnata dalla prematura scomparsa della madre, la Davidson decise di attraversare il deserto australiano per sfidare se stessa e i suoi limiti, per capire quale sarebbe stato il suo futuro e per porre fine a un passato che non sempre ha voluto. Supportata economicamente dal National Geographic e dopo aver imparato ad ammaestrare cammelli selvatici, la Davidson riuscì a mettere in pratica il suo sogno lanciandosi in un’avventura epica che lei stessa racconterà nel suo best seller Orme.
John Curran, fedele al romanzo della scrittrice, decide di portare in scena la storia, lasciandosi cogliere però da un fare didascalico che purtroppo spegne Tracks ancora prima di metà film. La didascalia e la scelta del racconto lineare senza mai un sussulto finiscono infatti per annacquare la perfetta prova data da una Mia Wasikowska in stato di grazia e per rendere superflue le bellissime immagini dell’Outcast australiano. Verrebbe da chiedere a Curran come mai, ad esempio, non vi sia una sola scena in cui la protagonista provi anche un minimo sussulto di paura di fronte a condizioni non sempre ottimali o di fronti a pericoli concreti. Oppure come mai non si sia approfondita la psicologia della Davidson, disseminando solo qua e là flashback della sua infanzia e non spiegando mai le ragioni della titanica impresa. Cosa poco gradita è stato inoltre l’aver reso quasi una macchietta il mitico personaggio di mister Eddy, trasformato in una semplice guida perdendo la connotazione di mentore nel deserto dei territori aborigeni sacri che invece ebbe realmente.
Nel seguire una traiettoria talmente lineare da risultare banale, Tracks non motiva, non spiega e soprattutto non documenta, lasciando che le immagini ambientali diventino di per sé racconto estatico senza contenuto semantico. Una grande occasione persa.
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