Regia di Herbert Ross vedi scheda film
Vallo a trovare oggi un cinema dove poter vedere Casablanca. Oggi te lo puoi sorbire solo in televisione, peggio mi sento se colorato artificialmente. Evidentemente all’alba degli anni settanta era ancora possibile recarsi in una sala e gustarsi un film del 1943. Una nota inutile per introdurmi nell’affettuosa storia del timido ed inadeguato Sam, alla ricerca del suo posto nel mondo attraverso le surreali conversazioni con Humprey Bogart. Provaci ancora, Sam è innanzitutto un atto d’amore verso un capolavoro del cinema popolare e non solo, la possibilità di trovare nell’azione dei personaggi delle direttive per vivere meglio. Bogey interviene nella vita di Sam per suggerirli le mosse da fare come un ciambellano autorevole consiglia il proprio sovrano. Il rapporto è azzardato, ma suscita più di un curioso interesse. Bogart è per l’Allen di questo film (la regia è di Herbert Ross, ma la matrice è spudoratamente alleniana) la personificazione stessa del cinema classico e dei tempi che furono, l’uomo abile e magnetico capace di conquistare le “femmine” attraverso lo sguardo, colui che incarna l’essenza stessa della seduzione del cinema (tra l’altro, Sam vive in un appartamento tappezzato di locandine come quelle di Duello sul Pacifico, Il grande sonno e, appunto, Casablanca).
In simbiosi col film di Curtiz, cavalcando l’assurdo e destreggiandosi nei parallelismi tra finzione dello schermo e realtà dell’esistenza, Allen gioca sulle sue nevrosi e sulle ossessioni delle sue manie (per dirla alla Battiato) – come la condizione di aspirinomane, la psicanalisi, la nevrosi – mettendo su una commedia rapida e pimpante, miniera di battute esilaranti e dialoghi mirabolanti (la compagna lascia Sam con un “Non ne fare un fatto personale!”; Sam si lamenta delle ferie degli analisti perché “La gente diventa matta durante l’estate”; “Che fai sabato sera?”, chiede ad una stramba tizia in galleria, che gli risponde “Occupata: devo suicidarmi”; “Che belle parole”, dice Linda, “Sono di Casablanca”, precisa lui). Il finale con l’aereo, palesemente riecheggiante il film di Curtiz, è ironico, spiritoso, evocativo. Bogey ricompare nella nebbia. Che sia l’inizio di una nuova amicizia?
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