Regia di Ben Wheatley vedi scheda film
Whitehead , alchimista male in arnese durante una battaglia della Guerra Civile inglese (XVII secolo o giù di lì), scappa da quello che è il suo maestro ed è preso in ostaggio dal losco Cutler che lo droga assieme ad altri due uomini imprigionati anche loro. Cutler cerca un fantomatico irlandese per riuscire a disseppellire un tesoro all'interno di un campo. Un piccolo particolare però li devia: il campo è letteralmente cosparso di funghi allucinogeni e il loro uso smodato renderà tutto più difficile e maligno.
Ammetto che sono un discreto fan di Ben Wheatley dai tempi di Kill List e , nonostante il suo ultimo lavoro uscito al cinema , Killer in viaggio, si sia dimostrato poco più di un divertissment calibrato però sullo stile acido e corrosivo del regista inglese, non ho smesso di apprezzare il suo stile coraggioso e visionario.
Così quando ho potuto mettere le mani su questo A field in England di cui fino a qualche giorno fa ignoravo persino l'esistenza , non mi sono potuto trattenere.
Diciamo subito che l'ambizione di Wheatley vien fuori tutta in questo suo ultimo film, una pellicola girata in un bianco e nero sgargiante e messa in circolazione con una strategia commerciale rivoluzionaria: agli inizi di luglio nel Regno Unito è stato reso disponibile per le sale cinematografiche, è uscito in vari formati home video, è stato programmato sulle pay tv e addirittura su canali free.
Del resto il budget miserrimo del film ( si parla di 300 mila sterline) non rappresentava certo un ostacolo.
Dicevamo dell'ambizione di Wheatley: abituato alla sua concezione sbilenca di cinema di genere, non sapevo proprio cosa attendermi da un film come questo, tratto da una piece teatrale, ambientato in un'epoca passata e che narrava in fondo una semplicissima caccia al tesoro da parte di un gruppetto di personaggi messi maluccio, sia fisicamente che mentalmente.
Il regista inglese con A field in England cerca di volare ancora più in alto con il suo stile crudo e trasversale e devo dire che , pur non risultando comprensibilissimo in alcuni passaggi, del resto quando ci sono di mezzo funghetti allucinogeni la logica può pure farsi andare a benedire, soprattutto nell'ultima mezz'ora, quella più "lisergica", dà prova del suo notevole talento visivo, pur usando il bianco e nero.
La parte finale di A field in England è un trip audiovisivo un po' come quello che vivono i suoi protagonisti, un flusso di immagini ipnotico in cui la realtà va e viene intervallandosi a visioni fantasmagoriche.
Non mancano le screziature horror, non manca quel mix di ironia e violenza che caratterizza il cinema di Wheatley, stavolta però più che richiamarsi al cinema odierno ci sono cospicui rimandi a quella gloriosa stagione cinematografica squisitamente inglese nota sotto il nome di free cinema a cui aderirono grossi calibri come Joseph Losey, Ken Russell, John Schlesinger, Tony Richardson, Lindsay Anderson, tanto per citare i primi nomi venuti in mente.
Assoluta anarchia narrativa, un modo totalmente libero di usare la macchina da presa, uno stile cangiante e volitivo non rispondente ad alcuna convenzione.
In più di un'occasione A field in England fa venire alla mente i principi cardine del free cinema inglese.
Ed è forse il suo più grande merito.
Per il resto dubito che un'opera del genere possa essere stata apprezzata dal grosso pubblico: troppo elitaria anche nella sua ricerca filologica ( si parla inglese arcaico), troppo episodica, troppo sbilenca nel modo di narrare una caccia al tesoro.
Tesoro di cui ci dimentichiamo ben presto col passare dei minuti....
(bradipofilms.blogspot.it)
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