Regia di Richard Linklater vedi scheda film
Appena prima di “Boyhood”, Richard Linklater (de)scrive il terzo atto della storia di Jesse e Celine che, pur essendo meno sperimentale del più blasonato successore, rimane una pagina di cinema a se stante per genesi ed evoluzione che risentono dei rintocchi dell’orologio della vita biologica.
Qualcosa inevitabilmente cambia, di certo non nello spirito che si trova a capo di tutto.
Superati i quarant’anni, Jesse (Ethan Hawke) e Celine (Julie Delpy), assieme alle loro figlie, trascorrono sei settimane di vacanza in Grecia in compagnia di amici che proprio mentre s’avvicina il momento dell’arrivederci offrono loro una notte da trascorrere da soli in un albergo.
L’occasione di una nottata romantica senza pensieri però si trasforma presto in un confronto schietto con verità di lungo corso fin a quel momento celate.
Ci vuole davvero un attimo per rientrare nei ranghi di una ventennale avventura sentimentale, anzi l’inizio riesce anche a spiazzare quando ci si chiede a che punto e in che condizioni ritroveremo la coppia.
Lo sviluppo è racchiuso in 24 ore, in un posto paradisiaco e con influssi culturali (elementi che lasceranno però il campo) con fiumi di parole che spaziano sulle questioni della vita di coppia tra il frivolo e l’eterno; in gruppo c’è spazio per una leggerezza squisita, ma quando i due si ritrovano da soli, teoricamente per prendersi finalmente del tempo tutto per loro, un’increspatura s’insinua improvvisa.
A questo punto ogni parola aggiunta improvvisamente non va più bene ed apre nuovi fronti di discussione non privi di libertà e partecipazione (gli stessi Ethan Hawke e Julie Delpy collaborano alla sceneggiatura); gli anni passano, i piccoli malesseri si accumulano, lo scenario non può che essere mutato rispetto alle decadi precedenti.
Credo che non sia poi troppo difficile ritrovarsi nelle caratterizzazioni maschili e femminili forti di un clima di insuperabile complicità, ma col disaccordo sempre pronto ad emergere; la capacità dell’uomo di “rigirare la frittata” tramite espedienti occasionali ma di un certo effetto (lui poi è anche scrittore, figuriamoci) e della donna di provare a guardare oltre quelle che sono le sue necessità, il ruolo che la obbliga a sdoppiarsi in quattro e fare il doppio dei sacrifici per arrivare a raggiungere gli obiettivi extra famigliari.
Un’istantenea che nella finzione non manca di essere sentita come veritiera, un ritratto più maturo e con squarci in chiaroscuro, forse un po’ prolungato nella “fase a due”, con una risoluzione ardimentosa e che ha il gusto di una chiusura parziale la sola che d’altronde può essere alla loro età anche se a quel punto poteva esserci un segno di rottura come ulteriore novità.
A questo punto però la speranza è quella di ritrovarli tra una decina d’anni “per sapere cosa faranno e dove andranno” (e parametrarli a quanto capitato nel frattempo a noi stessi).
To be continued?
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