Regia di Richard Linklater vedi scheda film
«Non siamo negli anni 50, scusa se rovino la tua storia di oppressione con la realtà!». Dopo il sogno romantico dei primi due atti (1995 e 2004), Linklater aggancia Jesse e Céline - nel frattempo genitori di due gemelle - alla vita vissuta, quotidiana, problematica. E li precipita nella spirale dei guai di una coppia (im)matura e sbilanciata, dove lui incarna la fallibilità della ragione al cospetto dell’atavica e cinica insoddisfazione di lei. Così, dopo una prima parte prigioniera di riflessioni a buon mercato sull’equilibrio tra i sessi, affidate a intellettuali sui generis durante una vacanza in Grecia, i protagonisti si isolano in un’escalation dialogica che raggiunge l’attualità pulsante delle questioni di gender. L’autore utilizza Jesse come grimaldello per le ossessioni di Céline: la possibilità di tornare in America, per trascorrere più tempo con il di lui figlio, scatena in lei istinti di sopraffazione che escono in forma di aggressione verbale in una stanza d’albergo. I profili psicologici, che nei primi capitoli erano in embrione, raggiungono la compiutezza: la post-femminista Céline è prigioniera del proprio egotismo, lamentando la presunta oppressione da parte di un uomo che, alla fine, per lei ha rinunciato (quasi) a tutto. «Penso di non essermi ripresa, da quando ho partorito»: ma in fondo, la passivo/aggressiva Céline ha sempre pensato a se stessa. In fondo, a quel binario viennese lei non si è mai presentata. Linklater chiude il cerchio con un’opera imperfetta, ma finalmente paradigmatica.
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